I gruppi di WhatsApp, cosa evitare

 

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Chi di noi non fa parte di un gruppo virtuale su Whatsapp? Chi non ha l’app suddetta altrimenti almeno un paio ci toccano! Probabilmente siamo contenti di essere iscritti a qualcuno, ma in tutti gli altri siamo stati coinvolti in maniera involontaria. Vero è che uscire sembra scortese, ma a volte sarebbe veramente necessario. Solitamente queste micro community (ai miei tempi si chiamavano gruppetti!) si creano con un intento positivo, ritrovare amici del mare, avere una comunità legata alla scuola e simili, ma poi – passato il primo mese di entusiasmo, eccoci con le tipiche dinamiche di gruppo. In primis chi ha formato il gruppo,  non si sa perché, ma poi di fatto si eclissa, lasciando spazio a quanti hanno molto tempo libero e finalmente trovano una piattaforma per emergere, e da qui la formazione di un nuovo leader non sempre “eletto democraticamente”!

Ma quali sono le cose più antipatiche da evitare quanto si fa parte di una community?

          Voler essere protagonisti a tutti i costi, non è simpatico né divertente, dovrebbe essere una sorta di agorà, se diventa monopolio… si perde il senso. E qui il dramma: ci sono sempre un paio di persone per gruppo che riescono a dare il meglio di loro stessi, accentrare la conversazione e moderare con toni spesso aggressivi, incapaci di ascolto e con il triste tacito consenso dei succubi partecipanti.

          Prendere in giro una persona della community, specie quando questa cerca di essere costruttiva con il gruppo. Come nella vita reale anche in quella virtuale queste dinamiche sono sgradevoli. Non solo per il malcapitato, ma anche per gli altri partecipanti che assistono.

          Usare un linguaggio, dialetto, gergo che esclude evidentemente una parte dei suoi iscritti. E’ evidente che trattandosi di un momento di scambio, se parli solo con una parte del gruppo, è veramente sgradevole, allora telefonagli che fai prima! Altrimenti è come “voltare le spalle” o “bisbigliare”, tipicamente atti maleducati.

          Postare foto “amarcord”, insopportabile se non fai parte di quella foto, drammatico se ti rivedi dopo anni in quello stato…

          Usare emoticon a cascata! Ok, un paio sono carine e danno l’idea della sfumatura che spesso nel linguaggio scritto si può perdere, ma quando sono troppe, a ripetizione diventa urlato, uno schiamazzo virtuale. “Faccine e mossette” sono già insopportabili dal vivo, figuriamoci per iscritto! 45/50enni in regressione totale tra trombette e cuoricini!

          Postare la mattina prima delle 9 e la sera dopo le 10, sei sul telefonino e ok mettere il gruppo sulla modalità silenziosa e bloccare il download automatico delle foto, ma il passo successivo diventa uscire dal gruppo se questo imperversa a tutte le ore o lanciare il telefonino in mare se sei in vacanza…

Alla fine un gruppo virtuale assomiglia molto a uno reale, unica differenza si è in location differenti, usare le regole del buon senso e dell’educazione sarebbe sempre meglio, e dopo ciò so che  verrò bannata da un paio di chat… pazienza me ne farò una ragione!

Riflessioni sulla leadership moderna

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Tutti noi abitualmente interagiamo con altre persone, tranne che in alcuni momenti di selvaggia misantropia: in famiglia, sul lavoro, nell’ambito delle amicizie o se pratichiamo degli sport. Abbiamo quotidianamente contatti con dei gruppi grandi o piccoli. E’ stato osservato dagli psicologi sociali che all’interno di organizzazioni e nei gruppi si possono creare differenti dinamiche e che ne emerge sempre un capo, una guida. Essere dei bravi leader non è facile e anche la definizione di bravura può essere fuoriviante: sei abile perchè ottieni degli ottimi risultati dal tuo gruppo o perchè il tuo gruppo è soddisfatto di averti come capo?

A questo proposito vorrei condividere lo studio di un psicologo e filosofo prussiano Kurt Lewin (1890-1947) che ha insegnato all’Università di Berlino. Lewin è molto conosciuto presso gli esperti del settore, ma meno dalla gente comune.

A mio avviso il suo apporto, che risale agli anni ’30, è stato molto interessante. Egli si è espresso su tematiche come: le dinamiche di gruppo, i comportamenti organizzativi, i consumi.

In particolare ha pubblicato la sua ricerca più nota nel 1939, con Ronald Lippitt e Ralph White. Il suo studio è stato fatto su una squadra di boy scout divisi in tre gruppi gestiti in maniera differente, ossia secondo la:

  • Leadership autoritaria – Dove il leader dirigeva il gruppo in modo autocratico; tutte le decisioni erano centrate su di lui; definiva che cosa si deve fare, come e quando; non si consultava con i membri del gruppo, che erano continuamente valutati e criticati
  • Leadership democratica – Dove il leader conduceva il gruppo in modo partecipativo; consultava costantemente i membri del gruppo; le decisioni erano discusse e condivise; la divisione dei compiti veniva stabilita di comune accordo; più che fare il comandante, il leader faceva da guida
  • Leadership laissez-faire – Dove il leader non era un vero e proprio direttore; ma lasciava che ciascuno agisse per conto proprio, stabilendo da solo anche gli obiettivi così come i diversi compiti; i partecipanti erano liberi di fare e di creare in libertà

I risultati dimostrarono che:

  • La leadership autoritaria si lega a decisioni rapide ed a chiarezza di strategie; la produttività standard è elevata; ma i partecipanti sono aggressivi tra loro; quando il leader si allontana, il gruppo tende a bloccarsi
  • La leadership democratica si lega a un processo decisionale più complesso; la produttività è quantitativamente minore che nel gruppo autoritario, ma risulta migliore come qualità; l’aggressività è minima; quando il leader si allontana, il gruppo continua tranquillamente nelle sue attività.
  • La leadership laissez-faire offre libertà creativa; ma il gruppo è poco produttivo e poco cooperativo; l’aggressività è contenuta; quando il leader si allontana, il gruppo tende a disperdersi

Naturalmente questa ricerca è stata poi ripresa, amata o contestata, interpretata con chiare allusioni politiche (dittatura, democrazia, anarchia…). Io la ritengo una lucida e pionieristica analisi tutt’ora applicabile ai nostri contesti quotidiani.

E’ importante sapere all’interno di quale gruppo ci troviamo, oppure quale tipo di “leadership” stiamo applicando, questo in primis per una nostra consapevolezza, ma anche per non stupirci poi dei risultati.

…E voi, cosa ne pensate?