Povero Principe Azzurro!

Leggo oggi con stupore che negli USA il “Principe Azzurro” di Biancaneve è stato messo sotto accusa perché Biancaneve, essendo addormentata, non era consenziente al bacio.

Veramente questa politica di voler essere “corretti” a tutti i costi sta rasentando la ridicolaggine.

Se proprio vogliamo vederla tutta allora ripercorriamo la storia assieme…

Biancaneve, ragazza non estremamente furba, va in giro da sola per boschi. E già qua ci sarebbe tanto da ridire, in primis perché si ricollega allo stereotipo della donna oca, comunque mettiamo anche che effettivamente non fosse proprio la persona più brillante di questo mondo, ok la sciocchina va a spasso e trova una casetta disabitata. Qual è la prima cosa che fai quando vedi una casetta disabitata? Ovvio ci entri perché non ti hanno insegnato nulla e sei appunto piuttosto sprovveduta.

Entri in una casa di sconosciuti, invadendo chiaramente una proprietà privata, girovaghi toccando cose non tue e se non ricordo male ti metti pure a dormire. La situazione è leggermente a rischio…

La casa è abitata da soli uomini, diversamente abili, che vengono definiti “nani”, definizione a mio avviso dispregiativa. Detto questo, molte sono poi le leggende sull’amicizia tra la nostra eroina e i 7 scapoloni (non so se posso usare la parola scapoloni o anche qui si offende lo status, ma la preferisco a nani). Mi astengo da ulteriori commenti in merito a questi dettagli…

Nel frattempo la strega Grimilde, che per altro è la sua matrigna, dunque presumibilmente la seconda compagna del padre, la vuole far fuori perché più bella e giovane di lei (e ci risiamo le donne, la rivalità femminile, ecc.). Naturalmente il padre è una figura secondaria e sconosciuta, non si sa che fine abbia fatto, né perché sia passato dalla mamma di Biancaneve a questa pazza furiosa, ma questa è un’altra storia.

La Grimilde, con seri problemi di narcisimo, non solo vuole sopprimere la ragazzina, ma pure strapparle il cuore il che denota anche un’eccessiva dose di sadismo. E cosa fa? Arruola un cacciatore, che non le dice di no denunciandola, troppo facile… pavido e succube ammazza un cerbiatto e le porta il cuore. Gli animalisti a questo punto dovrebbero insorgere perché povero capretto lui cosa centrava? Oltre al fatto che denuncia e TSO sarebbero state una buona soluzione…

Grimilde comunque, pessima da tutti i punti di vista, ma almeno meno tonta degli altri, decide di avvelenare la mela, si camuffa e la offre a Biancaneve che – dimostrandosi per l’ennesima volta – assolutamente incauta se la mangia anche se proposta da una brutta vecchia pazza.

Anche qui poi potremmo interrogarci sul perché la strega debba essere brutta, le streghe si offenderebbero… ma lasciamo stare.

Ora la domanda vera potrebbe essere perché il Principe Azzurro – che ha incontrato Biancaneve si è no tre volte – e si saranno scambiati due parole al massimo, la amasse tanto, piuttosto che accusarlo perché cercasse di resuscitarla…

Sta di fatto che il bacio tanto deplorato si è dimostrato salvifico e forse l’unica cosa bella e romantica di questa fiaba…

Ma davvero i bambini sono stati così penalizzati in questo periodo?

disegno Jacopo Covid

Il periodo del Covid, è stato difficile per tutti, grandi e soprattutto bambini. I più piccoli, certo, sono stati quelli da un certo di punto di vista più svantaggiati perché anche le lezioni on line erano meno fattibili. Bambini abituati a stare fuori di casa tutto il giorno improvvisamente si sono ritrovati a casa, senza compagni e senza potersi sfogare all’aperto.

Tutti hanno urlato allo scandalo, però diciamocelo non sono stati abbandonati, ma a casa, al sicuro dal virus e di fatto sono stati con le loro famiglie, invece di essere parcheggiati tra un corso e un doposcuola, e per molti è stata anche un’occasione di stare più vicini e di recuperare quel tempo rubato dai normali ritmi voraci del mondo del lavoro.

Molti si sono lamentati e hanno protestato per il disagio della chiusura della scuola, dell’assenza forzata dall’aiuto dei nonni e del dover fare delle acrobazie tra lavoro (comunque svolto a casa!) e gestione familiare. Forse solo oggi ci si è resi conto della difficoltà di gestire famiglia e lavoro assieme? Voglio dire, i nonni di oggi sono vivaci e attivi e non sono per forza dei babysitter statici (spesso lavorano o viaggiano, o chi meno fortunato non li ha nemmeno più), i ritmi del mondo del lavoro non sono leggeri e non lo sono mai stati.

Personalmente, da ben 12 anni, mi sono sempre dovuta gestire tra babysitter, aupair, aiuti vari volanti, part time, apertura della partita IVA, corse da un nido – a casa – al lavoro, e non sono stata l’unica a dover cercare delle soluzioni da acrobata perchè quando la scuola è chiusa per scioperi o i ragazzi sono malati bisogna avere un backup. I tanto ripudiati ritmi dello smartwork sono esattamente quelli che si hanno nelle multinazionali da più di 20 anni, anzi se posso dire sono modalità di lavoro comode per le mamme (e una fortuna per chi ne può usufruire). Eppure oggi – ai tempi del Covid – sembra una novità! Forse alcune categorie di persone non si sono rese conto di essere state delle privilegiate fino ad oggi ad avere avuto degli aiuti (che davano per scontati) o dei ritmi light?

Da anni sostengo che la scuola dovrebbe avere programmi diluiti, con più attività motorie e non finire a giugno, ma a luglio e riprendere a settembre, come accade in Germania o in altri paesi, che dovrebbero esserci più aiuti pomeridiani per chi lavora, eppure il mondo della scuola in Italia si è fermato agli anni ’50! E guai toccare le vacanze a certe categorie di lavoratori! A giugno tutto si ferma, i campus escludono spesso i ragazzi delle medie e i prezzi sono per lo più alle stelle…

Detto questo oggi leggo con stupore, non so se più infuriata o divertita, delle generose iniziative dei nuovi “centri di ascolto” per i più piccoli – “provati dal periodo del Covid19 ” – e messaggi che danno i seguenti preziosi consigli, come se fossimo dei decerebrati per alleviare il loro stress:
– Far fare sport ai figli: eh certo sono stati fermi tre mesi, ci voleva un esperto a dircelo…!
– Incentivare le attività all’aria aperta: caspita incredibile noi pensavamo di tenerli in luglio chiusi in casa! Magari se la smettesse di diluviare sarebbe comunque più facile.
– Iscriverli ai centri estivi – ma scusate, non dovevamo tenerli a distanza con plexiglas e altre idiozie? Ah no certo, poi altrimenti come teniamo vivo il business dei campus?
– Aiutarli se dimostrano segnali di ansia e disinfettano tutto: strano che li abbiano dopo aver visto mesi di campagne su come lavarsi le mani, genitori vestiti come palombari e la presenza di flaconi di disinfettanti anche davanti al supermercato; come mai avranno questa sindrome? Eh sì, per questo ci vuole proprio un buon psicologo…ma non per i bambini, ma per chi ha ridotto le persone a temere i germi più di qualsiasi altra cosa!
– Segnali di ipocondria – infatti i media hanno molto aiutato in questi giorni… sembra che non vedano l’ora di dire che la pandemia è in agguato e i “social-trogloditi” sono altrettanto celeri nel condividere notizie allarmanti, per essere i primi che “l’avevano detto”, che “è tutta colpa nostra”, che “ce lo meritiamo” e che “dobbiamo rinchiuderci in casa, possibilmente soli, con mascherina e antigermi!”.
– Distoglierli dai devices elettronici e incentivarli alla manualità. Anche qui leggo messaggi di velata accusa alle famiglie che hanno fatto giocare i ragazzi con i giochi elettronici nei periodi di clausura (ennesima colpa del singolo cittadino)… Non è certo la conseguenza di una sovra-esposizione conseguente alle lezioni on line? Ma dai, ovvio che ora si cerchi di far fare ai ragazzi una vita sana e normale, del resto sono stati i primi protagonisti della digitalizzazione e se comunque il distanziamento è ancora necessario, certo la socialità non è ancora del tutto una strada percorribile!

In conclusione, ricordiamoci che essere genitori significa prendersi cura dei propri figli, fare anche dei sacrifici, organizzarsi anche per poter continuare a lavorare, ma sono il dono più grande della nostra vita e dovremmo gioire di aver avuto l’opportunità di stare assieme, di insegnargli qualcosa di diverso, di passare loro le nostre conoscenze e i nostri valori e di aver avuto questa parentesi di condivisione, per costruire una relazione ancora più bella e forte.

La comunicazione ai tempi del Corona Virus

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In certi momenti delicati aver cura nella comunicazione è davvero fondamentale e sono piuttosto perplessa di come sia stata gestita la situazione del Corona Virus.

Al di là delle anticipazioni sui decreti e del fatto che le misure di potenziamento sanitario dovevano essere fatte già un mese fa, il virus ormai è in circolo da parecchio tempo e addirittura dicono alcuni da ottobre…ma lasciamo perdere tutto quello che avrebbe potuto essere fatto meglio. Veniamo a noi, a oggi.

Partiamo dalla lettura dei dati.

Sappiamo benissimo che i dati possono essere comunicati in maniera reale, parziale, accorpati e che la rilevazione del virus non è stata fatta ovunque sempre nello stesso modo dunque i dati NON SONO CONFRONTABILI. In Italia e nel resto di Europa i dati circa l’epidemia sono stati rilevati in maniera diversa e non sappiamo i critieri usati in CINA dunque, a livello sensazionalistico ora è bellissimo dire che ci sono più morti a Bergamo che non in CINA, ma non vi viene il dubbio che ci sia qualcosa che non funziona?

#restate a casa

Ottima idea, che poi inizialmente era #iorestoacasa, molto più civile e non accusatorio. Ora è giusto rimanere a casa per evitare di infettarsi e di infettare gli altri ma la caccia alle streghe non va bene! Leggo uno scherzoso post di tirare dei sassi con le fionde dalla finestra per evitare che la gente esca, ma siete deficienti? Ma non vi passa per la testa il pensiero che uno possa anche avere delle emergenze? Piantatela di fare i moralisti e guardate in primis se voi state davvero osservando tutte le norme.

 

Investimento nell’adv per lavarsi le mani

Inutile, ridondante. Sappiamo lavarci le mani e non solo quelle avendo noi pure il bidet! Investiamo meglio please.

 

Accanimento contro i runner

Premettendo che non sono una runner e non ho intenzione di diventarlo sotto corona virus, tutta questa acredine nei loro confronti a mio avviso è eccessiva, per altro quelli che ho visto erano perfettamente distanziati e mascherati. In compenso tutto questo odio è chiaro indice di pesanti frustrazioni. Adesso se il virus continua a divulgarsi non è colpa di 4 runner solitari è tanto difficile capirlo? Magari non tutti chiusi in un monolocale soli per giorni si sentono benissimo, l’ora d’aria la concedono anche ai carcerati. No ma certo diamo la colpa a loro almeno distogliamo l’attenzione dal problema.

Le persone oltre i 70 anni non rispettano il divieto

Perché non lo dice nessuno? Siete andati a fare la spesa? In giro ci sono solo le persone anziane e spesso senza mascherina che passeggiano tranquillamente… e a loro non dite nulla? Sono proprio coloro che corrono più rischi, alla faccia della saggezza che arriva con la maturità.

Desiderio di maggior controlli militari

Che può aver senso per evitare che svaligino i negozi e di arginare la delinquenza. Ma no, la gente sui social lo dice chiaramente vuole delle truppe per aver maggior controllo, per beccare il vicino, ancora una volta una grande frustrazione, il desiderio di castigare gli altri…finalmente!

Bufale e catene volte a far scatenare panico

Questa è la cosa che più mi rammarica, ho fatto anche notare ad alcune persone che i loro post avrebbero solo scatenato panico e paura ma niente, la risposta è stata molto dura senza nemmeno mettere in discussione che oltre a divulgare bufale erano messaggi che potevano creare maggior allarmismo che a certi livelli è anche punibile giuridicamente. USATE IL CERVELLO PRIMA di postare, toglietevi la vostra idea di vendetta e ragionate sull’utilità, sul valore aggiunto di quanto dite.

Post con immagini macabre e molto forti e velate minacce

Questo è veramente di pessimo gusto: state manipolando delle immagini di ospedali e di gente che muore per avere visibilità sul web: ma possibile che non vi rendiate conto che non è una comunicazione utile, che è SADICA, postare delle bare accanto a dei runner, augurando loro il peggio, ma quanti problemi avete? Andate a CURARVI!

Accuse a tutti

Accuse a chi esce, accuse al governo, accuse ai cinesi, accuse agli americani, accuse alle organizzazioni religiose, accuse a chi fa la spesa on line (certo lasciala ai malati), accuse  a chi la fa di persona (untore di merda), accuse a ciò che comprano (“meglio evitare i quaderni e il prosciutto più di 2hg se no sprechi la tua uscita”), accuse a chi va in farmacia (“eh, ma in farmacia ha preso solo le supposte di glicerina, non doveva uscire e doveva scoppiargli l’intestino”), accuse a chi usa la mascherina portandola via ai bisognosi, accuse a chi non usa la mascherina (ancora untore di merda), accuse a chi NON ha sintomi – perché potrebbe comunque essere un untore di merda – ma smettiamola! E soprattutto chi fa queste accuse in compenso cosa cazzo sta facendo a parte post imbecilli?? PIANTATELA DI GIUDICARE

 

Io non sono psicologa ma leggo tanto desiderio di vendetta nei post, tanto desiderio di punizione auto ed etero riferiti…

 

Siamo tutti stufi di stare a casa, ma ringraziamo di stare decentemente, c’è in questo momento chi è in una situazione drammatica ma c’è tanto bisogno di messaggi positivi, di speranza, di aiuti. Non state alle finestre a sentenziare, rendetevi utili alla società se potete e siete in salute andate a aiutare negli ospedali. Se no piuttosto postate qualcosa di buffo almeno uno di distrae o studiate qualcosa… è un tempo che non andrebbe sprecato parlando a vanvera… e usare male il proprio tempo, questo sì è davvero è un reato.

We are hiring…quando fuggire?

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Oggi parliamo di annunci di lavoro e di abilità richieste in molti uffici. Esistono manuali, corsi, testi che insegnano ai candidati come presentarsi nel migliore dei modi ad un colloquio, come vestirsi, come porsi, cosa dire e cosa non dire, come preparare un CV e come contattare un possibile datore di lavoro.
Eppure non ci si sofferma mai abbastanza a indicare i segnali insidiosi nascosti dietro ad un annuncio di lavoro, non mi riferisco a quelli evidentemente pericolosi di cui hanno già parlato le nostre cronache (ricerca di voluttuose modelle, ecc.), ma quelli diciamo dei tradizionali posti di lavoro ai quali anche persone non giovanissime potrebbero ambire.
Ecco le dieci parole chiave che possono sottintendere una vera fregatura:
1. Cerchiamo un manager, seguita da quella intern/stagista oppure “con almeno 1 anno di esperienza”: come può un vero manager non avere anni di esperienza?? E poi quante persone coordinerai? Dunque non farai il manager…
2. si richiede flessibilità: attenzione, questa è una fregatura! significa che vi chiederanno più ore non remunerate, viaggi non concordati, sbattimenti e ricordati la flessibilità sarà solo da parte tua…
3. resistenza allo stress: ecco questa è proprio quella che mi fa più imbizzarrire, allora ricordiamo cos’è un impiego: “io lavoro bene, tu mi paghi” se da questo accordo subentra “io o il cliente ti urliamo in faccia e tu resisti” qui bisogna ricorrere ad uno specialista, psicoterapeuta che possa gestire l’incapacità di controllarsi del datore di lavoro e del suo pessimo entourage.
4. il candidato è un problem solver capace di raggiungere gli obiettivi in autonomia: questo già indica che ci sono un sacco di “rogne” che ti dovrai “smazzare per conto tuo”… anche perché poi di solito dopo poche righe di dicono a chi devi rispondere, quindi tu sei responsabile delle crisi, ma tranquillo i meriti li prenderà il tuo capo!
5. le tue responsabilità: di solito si tratta di un elenco noiosissimo di mansioni, quelle che non vorrebbe fare nessuno, doveri che faranno imbizzarrire il tuo super-Io, in inglese (certo perché l’annuncio italiano fa sfigato!) con il tono imperativo “tue, solo tue” – se vengono superati i 5 punti hai vinto la presidenza del Paese…
6. è richiesta la laurea in informatica o in statistica o in matematica: perché è un cattivo segnale?? Perché spesso l’annuncio riguarda la gestione di una pagina facebook! Forse chi ha creato l’inserzione non sa bene cosa cercare?
7. Le sigle incomprensibili: si richiede la conoscenza di …. E qui inizia l’elenco degli acronimi, è una sorta di parola d’ordine, se capisci cosa dicono puoi accedere alla “loggia”. A questo annuncio puoi rispondere solo se sei “dei loro”… se le capisci tutte, ma tranquillo non conoscerai tutti i linguaggi, salvo che tu non abbia 20 anni di esperienza…
8. richiesta di abilità opposte: i toni sono sempre euforici – devi essere un creativo stupefacente e geniale e nel contempo, metodico, con grandi capacità analitiche, è un po’ come chiedere a un artista bizzarro e incontenibile di essere un ingegnere precisetto, insomma senza togliere nulla a nessuno e senza voler cadere negli stereotipi, se sei Leonardo hai trovato la tua occasione altrimenti lascia stare se no ne risentirà la tua autostima
9. tono eccessivamente euforico “avrai la grande opportunità di lavorare con noi”: questo fa un po’ televendita, super-sconto, di solito l’annuncio è tutto in tono confidenziale… a priori diffiderei di chi vuole dimostrarsi un simpaticone, di lavoro stiamo sempre parlando…se stai cercando invece di acquistare un materasso ok!
10. esistono poi una serie di qualità personali che vengono richieste e queste non solo al momento della ricerca e che non riguardano solo i giovanissimi. Si tratta in realtà di abilità che dovrebbero avere i famosi manager già ben artigliati alle loro poltrone – ma visto che tristemente non sempre le hanno, a cascata, le richiedono agli altri, ossia: avere delle idee disruptive, dimostrarsi proactive, committed, pensare out of the box, avere la capacità di abbandonare la comfort zone e ciliegina sulla torta avere una entrepreneurial mindset … e su quest’ultima skill lascio a voi la riflessione…!

Un grande nemico della comunicazione: le Fake News

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Per chi come me da anni lavora nella comunicazione, nulla è più disturbante delle fake news. Ossia notizie false, inventate, ingannevoli o distorte, rese pubbliche con il deliberato intento di disinformare o diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione tradizionali o via Internet, soprattutto per mezzo dei social media.

Molte persone senza nemmeno rendersene conto, spesso in buona fede, condividono notizie false, e la cosa grave è che lo facciano talvolta operatori del settore che – per fretta o superficialità – non verificano le fonti prima di divulgare un’informazione che in qualche modo sembra essere verosimile.

Le bufale rovinano le reputazione dei media proprio in un’era dove la comunicazione è veloce e si muove tramite diversi canali integrati.

Recentemente ne ha parlato anche il Papa, che mi ha fatto sorridere, ricordando che la prima fake news risalga alla genesi dove il noto serpente dà informazioni non veritiere…

E’ con estremo piacere che ho letto che recentemente anche Zuckemberg, parlando delle novità introdotte da Facebook, abbia annunciato che gli utenti iscritti avranno la possibilità di indicare quale siano le fonti più attendibili. Questa iniziativa sarà volta ad avere una maggiore qualità dei contenuti.  Sappiamo che la rete viaggia con tempi molto veloci ed è importante che si inizi a combattere le fake news proprio su questo territorio. Ciò che sarà difficile, a mio avviso, sarà proprio individuare quali notizie siano vere e quali no…

Recentemente, inoltre, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica sulle notizie false creando un pool formato da esperti di alto livello provenienti dal mondo accademico, da piattaforme online, da mezzi d’informazione e da organizzazioni della società civile. Questa iniziativa servirà a definire la strategia dell’Unione Europea – che sarà presentata nella primavera del 2018 – per contrastare la diffusione di questo fenomeno e rinsaldare il legame di fiducia tra i cittadini e i mezzi di informazione.

Infine anche la Polizia si è mossa in questo senso, lanciando sul suo sito il 18 gennaio 2018, il progetto “red botton” volto alla segnalazione di fake news. Si tratta di un nuovo servizio messo a disposizione dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni presentato nella sede del Polo Tuscolano dal ministro dell’Interno Marco Minniti, dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, e dal direttore del servizio di Polizia postale, Nunzia Ciardi. Gli operatori, attraverso l’impiego di tecniche e software specifici, potranno identificare le bufale e sul sito del Commissariato di ps on line e sui canali social istituzionali verrà pubblicata una puntuale smentita.

Ma cosa possiamo fare noi? Il primo consiglio che darei è quello di verificare sempre le fonti delle notizie, andare a vedere anche semplicemente su Google se è già stata indicata  come falsa da altri utenti ed evitare di essere i primi ad utilizzare social o il semplice whatsapp come amplificatori di news, “catene” e simili che già il buon senso ci farebbe definire poco credibili!

 

E se ospitassimo una ragazza alla pari?

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Essere mamma ai giorni nostri talvolta è complesso, tra lavoro, impegni, riunioni, non è facile gestire la famiglia. Una volta si ricorreva ai “nonni”, ma ora i tempi sono cambiati, si è allungata l’età nella quale si fa il primo figlio oppure si vive in città diverse e quindi come fare? La prima soluzione che viene in mente è la babysitter, peccato che i costi non siano per tutti sostenibili e non tutte le ragazze intenzionate a “venire incontro” e quindi? Quindi abbiamo trovato una soluzione alternativa, ospitare una ragazza alla pari!

Ospitare una ragazza alla pari è un’esperienza molto bella. Se volete seguire questo percorso prima di tutto dovete sentirvi pronti all’idea di avere in casa un’altra persona, una persona che sarà come una figlia grande – sotto tutti i punti di vista. E come tale non sarà necessariamente come immaginate voi, ma esattamente come può accadere con un figlio fatto da voi, “lei è lei”!

Partiamo dagli aspetti postivi: prima di tutto lo scambio culturale, una ragazza di un altro paese vi porterà una ventata di novità, a partire dalla lingua che i vostri bambini potranno imparare sin da piccoli. Indubbiamente è un aiuto formidabile se lavorate e una compagnia. Si tratta di ragazze giovani e spesso divertenti che portano allegria e insegnano anche “nuove tendenze”. L’aupair generalmente vive in casa per cui è bello poter condividere le nuove esperienze reciprocamente.

Dall’altra parte bisogna stare attenti perché non tutte le ragazze sono realmente motivate a fare questa esperienza, a volta non sono proprio convinte, possono essere i genitori a spingerle a farlo e poi si pentono, oppure di fatto non hanno voglia di occuparsi dei vostri figli e di giocare con loro ma solo di uscire da casa loro e di folleggiare in un altro paese con la faccia nel cellulare. In questo caso il consiglio è di invitarle a trovare delle altre soluzioni, altre occupazioni più idonee alle loro esigenze e soprattutto alle vostre di genitori.

Consideriamo poi che una ragazza alla pari non è una baby sitter specializzata e bisogna insegnarle a stare coi bambini, spesso hanno 20 anni e sono giovani, non è tutto scontato… non possono sostituire il vostro ruolo ma affiancarsi come aiuto nella gestione day by day.

Negli ultimi 5 anni ho avuto modo di ospitare molte ragazze, talvolta per brevi periodi, talvolta per lunghi (e sono le soluzioni che consiglio anche per dare continuità ai vostri figli). Devo dire che alcune di loro sono state delle ragazze meravigliose con le quali costruire proprio un bel rapporto, altre delle delusioni terribili dalle quali fuggire…

Nella selezione della ragazza ricordatevi anche che è importante il paese di provenienza e la cultura anche perché gestiranno il rapporto con i vostri figli in base a quanto hanno a loro volta appreso ed è importante che non sia troppo distante dal vostro punto di vista per evitare conflitti: interazione sì, scontro no!

Infine la ragazza alla pari non è una colf, ma una figlia in più e bisogna essere aperti ad aiutarla, a condividere con lei gioie ed emozioni ed insegnarle ad affrontare una nuova tappa anche per la sua vita, non è sempre facile, ma quando riesce è molto bello!

La curiosità dov’è andata?


Durante l’infanzia, viene data una grande importanza alla capacità di essere creativi, di inventare delle storie, di imparare cose sempre diverse. I giochi dei bimbi devono essere intelligenti, costruttivi, fantasiosi. Poi non si sa cosa succeda, ma crescendo questi principi vengono sempre meno… Le persone adulte, si vantano spesso nel mondo del lavoro di essere “creative” e abili nelle proprie mansioni, mentre invece si tratta di grandi copiatori, poco originali, ma soprattutto poco curiosi.  Da cosa si capisce questa loro scarsità di curiosità? In primis dalla mancanza di hobby e di interessi. La gente ha sempre meno passioni. Sarà per la mancanza di tempo, sarà per pigrizia, ma di fatto è molto difficile trovare persone che vadano al di là del proprio giardinetto. Unico interesse diffuso, spesso portato a bandiera della propria cultura, è il fatto di aver fatto dei viaggi. Essere dei turisti, però, non basta e anche quello dipende da come viene fatto e con quanto si porti a casa da questi spostamenti. In alternativa alcuni vantano di andare in palestra, correndo magari su un nastro come dei criceti supportati da un personal trainer. Per carità piuttosto che riempirsi di popcorn davanti al pc va bene, ma anche qui c’è sport e sport. Correre all’aria aperta, guardare in giro o seguire una disciplina sportiva è meglio, rispetto a trovarsi soli con le cuffiette davanti al monitor di una cyclette leggendo la posta elettronica. Guardando le pagine Internet di questi no-curiosity-people si vedono solo post che riguardano il loro lavoro, sono assolutamente prestazionalisti, fanno il compitino… Se sono giovani vedi solo foto in compagnia dove fanno brindisi in località amene che però non riesci a vedere in quanto nascoste dai loro faccioni livellati dal “selfie effetto bellezza”. Mai niente di diverso o innovativo, niente di loro o di minimamente intrigante. Soprattutto queste persone non sono divertenti, non sanno ridere e non giocano e questo è molto triste, si nascondono dietro ai loro impegni noiosi per giustificare l’assenza di emozionare. Ormai, in Italia, anche nei colloqui spesso non vengono scelte persone con esperienze diverse che potrebbero accrescere le competenze aziendali, ma dei cloni di individui già esistenti, che non portano alcuna freschezza, in un eterno livellamento, un piattume verso il basso, per dirla con linguaggio di oggi “è tutto molto flat”. Quindi come uscire da questa china verso l’inesorabile tristezza? Prima di tutto il mio consiglio è di godersela un po’ di più in generale, iniziando dalla cucina e assaporando anche sapori diversi. Secondariamente leggere, eh si proprio come ti dicono a scuola, ma non solo le notizie, ma proprio dei libri, poi frequentare delle persone giovani, con le quali fare anche delle attività divertenti o avere uno scambio. Ascoltare la musica! Chi sente più la radio? Avere l’umilità di riconoscere che si impara ogni giorno, a qualsiasi età, praticare uno sport, dedicarsi agli altri. Eh si anche dedicarsi agli altri, avere un confronto, saper ascoltare aiuta ad evolversi, usare i social e i viaggi come mezzi per imparare non solo per mostrare, avere un approccio felicitante alla vita, infantile, non nel senso regressivo, ma nel senso pionieristico. Non avere delle preclusioni, incredibile ci sono ancora persone “contro” ai social, alla televisione, ai giocattoli in plastica, alle medicine e il vero dramma non è che li contestino, posizione del tutto rispettabile, ma che lo facciano aprioristicamente, senza conoscerli. Ricordiamoci la curiosità è la prima leva verso l’apprendimento e se nei primi anni della nostra vista serve per crescere, dopo serve per non invecchiare e non essere anacronistici, ma soprattutto a non essere noiosi e a gioire un po’ più della vita che può offrire anche tante sorprese!

Credi in un sogno!

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E conquisterai il mondo! Forse…

La rete sociale nella quale viviamo sta diventando sempre piu’ complessa, dinamiche diverse, controverse, spesso è più un sopravvivere che non un vivere. Lo scenario non è semplice a nessun livello in quanto sempre più siamo di fronte ad un cambiamento dei valori, una metamorfosi che definirei epocale.

Prima di tutto la nostra cultura per anni è stata influenzata dalla religione, una religione spesso autopunitiva, severa, un Dio da temere, da rispettare e davanti al quale prostrarsi, a cui chiedere perdono per quasi ogni cosa. Ora per esempio la Chiesa Cattolica sta lentamente cambiando il suo approccio e, fatta eccezione di alcuni correnti più conservatrici, sta mostrando un lato più “vicino”, meno cupo, un maggior dialogo. Una religione che ora cerca di parlare a tutti, mostrando benevolenza, comprensione, solidarietà – processo in atto comunque da anni, ma che di fatto maneneva ancora molte rigidità.

La nostra società di fatto è diversa rispetto a pochi anni fa, sono cresciuti il desiderio e la domanda di benessere in tutte le fasce di età e ognuno nel suo piccolo ricerca la felicità o comunque contesti di benessere. Il concetto di sacrificio, di fatica, interessa a pochi e comunque è poco appealing, è vecchio e porta a minimi risultati, mentre quanto è sogno, aspirazione e wellbeing ora diventa vincente. Certamente lo era anche in passato, ma spesso era ritenuto disdicevole il “godersela”! Basta vedere quanto la gente ricerchi “servizi per la persona”, SPA e centri benessere, vacanze, buon cibo per capire cosa effettivamente le persone vogliano…

Il grande motore di questi prossimi anni sarà il sogno ed è proprio questo che spinge le ondate migratorie e che le ha mosse nel passato quando i nostri avi si recavano in altri continenti per cercare fortuna, una vita migliore per sè stessi e per i propri cari. Dunque nulla di nuovo, la storia è ciclica e pertanto si ripete.

Nel mondo del lavoro, tavolta, il concetto di sogno non è ancora passato e quando questo accade i meccanismi diventano a perdere, un’esempio? Basta semplicemente guardare gli annunci di offerte da lavoro: si ricercano persone pronte a immolare la propria vita per quattro soldi, abili a lavorare “in contesti carichi di stress”, “sotto pressione” e udite udite “resilienti” (parolone molto in voga) e “resistenti”! A questo punto sempre per rimanere nelle parole di moda, direi che l’unica valida risposta sarebbe il “ciaone”! Ma chi vuole andare in posto così poco incentivante dove – prima ancora di dirti cosa ti daranno – ti chiedono di essere un operature succube, un po’ maritre e silenzioso? O sei un disperato, o sei masochista o sei pazzo, comunque eviterei di assumere qualsiasi delle tre categorie!

Dare sogni (sognabili), comunicare gioia, emozioni e passione non è da tutti e non è facile,  soprattutto faticano a farlo le persone frustrate e alienate che tendono a riprodurre i meccanismi che a loro volta hanno subito in un loro passato o che non vivono vite affettivamente equilibrate. Il risultato è una grande infelicità, desiderio di fuga, decrescita del business, agressività che produce contro-aggressività e degrado valoriale.

La soluzione a tutto questo pò esserci. Non con un ottuso ottimismo che sarebbe ridicolo, ma cercando per gradi di  portare emozioni positive, rispetto, che si può anche manifestare come riconoscimento reciproco, il “caricarsi” a vicenda, elemento già fondamentale per Hegel nella sua Fenomenologia dello Spirito e come diceva Sartre: “In cambio di esser riconosciuto per quell’uomo che sono, mi dispongo a cedere parte della mia libertà. Sono, in grazia dello sguardo dell’altro”.

Tutto ciò, naturalmente si lega a quello che è, di fondo, anche il nostro inconscio, i nosti desideri, il desiderio dell’altro come direbbe Lacan, ma si aprirebbe un nuovo capitolo complesso… diciamo che banalmente un contesto positivo, con degli obiettivi felicitanti e allegro potrebbe già essere la panacea di molti mali, per imparare a vivere un po’ meglio e non solo “sopravvivere”!

Mamme andate a lavorare che fa bene!

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Proprio oggi stavo leggendo una notizia che sta girando sui social, una lettera aperta ad un giornale, di una mamma che racconta il fatto di aver lasciato il lavoro e rinunciato alla carriera per dedicarsi interamente ai figli. Giusta o sbagliata che sia la sua scelta, ha dato seguito ad una serie di commenti più o meno apprezzabili da una sfilza di mamme. In particolare mi ha colpito il parere di una che affermava che le lotte degli anni passati per la parità dei diritti sono state inutili in quanto tutto sommato è meglio stare a casa, altre raccontavano con orgoglio la gioia di fare le torte per i propri piccoli senza dover fare più le corse tra lavoro e scuola.

Dopo aver letto tutto questo sono rimasta a dir poco basita. Già in passato mi raccontò una mia dottoressa che spesso le mamme ancora in gravidanza supplicavano di aver certificati per prolungare i periodi di maternità, con il risultato che stando a casa a far niente veniva loro l’esaurimento! Di fatto poi la maggioranza dice di voler dedicare più tempo ai figli, ma poi se ne lamenta di continuo, cerca di sbolognarli appena possibile iscrivendoli ovunque e spesso diventa aggressiva con tutta la famiglia perchè comunque frustrata e annoiata!

Premetto che trovare lavoro come madre, non è facile, e che molte mamme hanno fatto benissimo a licenziarsi da datori di lavoro schiavisti, ma non perchè mamme, ma perchè le condizioni di lavoro di certi posti sono indecenti e il trattamento di alcuni manager nei confronti dei dipendenti è imbarazzante,  ma vorrei sottolineare alcuni miei pensieri.

Prima di tutto potersi permettere di non lavorare è un lusso! In primis si lavora per ragioni economiche e non c’è un gran merito nello stare case a farsi mantenere da mariti, genitori postando dai luoghi di villeggiatura mentre i tuoi parenti fanno il doppio per consertirti di fare questa vita. Certo più divertente fare i pasticcini che non faticare in un ufficio, ma talvolta è inevitabile! E non sempre il lavoro è solo fatica a volte è anche piacevole se non divertente e si impara sempre…

Il lavoro, non è solo una fonte di reddito, ma anche un modo per impegnare le proprie energie in qualcosa di diverso, anche solo un part-time fa bene  alla testa, non per niente ricordo che tutte le religioni parlano di lavoro e come sappiamo le religioni davano delle “regole” affinchè le persone potessero avere dei comportamenti socialmente utili. Per fare alcuni esempi, secondo la filosofia buddista: “una parte importante della vita di una persona è il proprio lavoro, e il lavoro di una persona si trova con due strade: o combatti per un lavoro che vuoi fare o fai il lavoro che la vita ha scelto per te..”, se vai nel Cristianesimo, come mi insegnavano le madri benedettine quando ero piccola :”inizio della Regola 48 il lavoro manuale è necessario perché l’ozio è nemico dell’anima”, grandi lavoratori già sappiamo nel popolo Ebraico: nel Talmud molta dignità è conferita al lavoro: “Grande è il lavoro perché onora i lavoratori”. Fortemente stigmatizzata è invece l’inoperosità: “L’uomo muore solo per l’ozio”. Del resto che “l’ozio sia il padre dei vizi”, ce lo diciamo tutti da anni. Non solo ma anche Muhammad diceva: “Nessuno ha mai mangiato un pasto migliore di quello che si è guadagnato col proprio lavoro”.

Anche al punto di vista sociologico il lavoro ha una rilevanza e non solo economica o psicologica, ma anche sociale: secondo Durkheim: “la divisione del lavoro prende gradualmente il posto della religione come principale fondamento della coesione sociale”.

Detto questo, mammine radical chic casalinghe, andate a lavorare, anche solo poche ore, da casa, con una collaborazione, le formule di oggi sono mille, ma non nascondetevi dietro agli alibi dei figli per mascherare la vostra non-voglia di fare. Non celatevi dietro il pianto di mali immaginari quando invece ci sono veramente persone malate che lottano quotidianemente per condurre una vita normale.

Personalmente so di cosa stiamo parlando ho figli, ho animali, lavoro e certo non poco, corro dalla mattina alla sera e vado anche in palestra.  Le ore con i figli non si pesano solo a quantità, ma a qualità del rapporto, esistono mille modi per avere degli aiuti anche se i genitori sono lontani, non lasciamoci dominare dall’indolenza della depressione.. non porta a molto…Si può lavorare, stare con i propri bambini, giocare con loro, fare i compiti, ridere assieme sulle reciproche disavventure del giorno (loro a scuola e noi in ufficio), essere complici, raccontare la favola della buona notte e  comunque sempre volersi bene stando assieme.

I sacrifici fatti dalle nostre progenitrici alla fine degli anni ’60 e anche prima non devono essere vanificate come invece sosteneva la madre tanto felice di poter fare il brodo, mantenuta e viziata, ingiustamente deplorando le lotte di generazioni antecedenti…

I gruppi di WhatsApp, cosa evitare

 

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Chi di noi non fa parte di un gruppo virtuale su Whatsapp? Chi non ha l’app suddetta altrimenti almeno un paio ci toccano! Probabilmente siamo contenti di essere iscritti a qualcuno, ma in tutti gli altri siamo stati coinvolti in maniera involontaria. Vero è che uscire sembra scortese, ma a volte sarebbe veramente necessario. Solitamente queste micro community (ai miei tempi si chiamavano gruppetti!) si creano con un intento positivo, ritrovare amici del mare, avere una comunità legata alla scuola e simili, ma poi – passato il primo mese di entusiasmo, eccoci con le tipiche dinamiche di gruppo. In primis chi ha formato il gruppo,  non si sa perché, ma poi di fatto si eclissa, lasciando spazio a quanti hanno molto tempo libero e finalmente trovano una piattaforma per emergere, e da qui la formazione di un nuovo leader non sempre “eletto democraticamente”!

Ma quali sono le cose più antipatiche da evitare quanto si fa parte di una community?

          Voler essere protagonisti a tutti i costi, non è simpatico né divertente, dovrebbe essere una sorta di agorà, se diventa monopolio… si perde il senso. E qui il dramma: ci sono sempre un paio di persone per gruppo che riescono a dare il meglio di loro stessi, accentrare la conversazione e moderare con toni spesso aggressivi, incapaci di ascolto e con il triste tacito consenso dei succubi partecipanti.

          Prendere in giro una persona della community, specie quando questa cerca di essere costruttiva con il gruppo. Come nella vita reale anche in quella virtuale queste dinamiche sono sgradevoli. Non solo per il malcapitato, ma anche per gli altri partecipanti che assistono.

          Usare un linguaggio, dialetto, gergo che esclude evidentemente una parte dei suoi iscritti. E’ evidente che trattandosi di un momento di scambio, se parli solo con una parte del gruppo, è veramente sgradevole, allora telefonagli che fai prima! Altrimenti è come “voltare le spalle” o “bisbigliare”, tipicamente atti maleducati.

          Postare foto “amarcord”, insopportabile se non fai parte di quella foto, drammatico se ti rivedi dopo anni in quello stato…

          Usare emoticon a cascata! Ok, un paio sono carine e danno l’idea della sfumatura che spesso nel linguaggio scritto si può perdere, ma quando sono troppe, a ripetizione diventa urlato, uno schiamazzo virtuale. “Faccine e mossette” sono già insopportabili dal vivo, figuriamoci per iscritto! 45/50enni in regressione totale tra trombette e cuoricini!

          Postare la mattina prima delle 9 e la sera dopo le 10, sei sul telefonino e ok mettere il gruppo sulla modalità silenziosa e bloccare il download automatico delle foto, ma il passo successivo diventa uscire dal gruppo se questo imperversa a tutte le ore o lanciare il telefonino in mare se sei in vacanza…

Alla fine un gruppo virtuale assomiglia molto a uno reale, unica differenza si è in location differenti, usare le regole del buon senso e dell’educazione sarebbe sempre meglio, e dopo ciò so che  verrò bannata da un paio di chat… pazienza me ne farò una ragione!