Ma davvero i bambini sono stati così penalizzati in questo periodo?

disegno Jacopo Covid

Il periodo del Covid, è stato difficile per tutti, grandi e soprattutto bambini. I più piccoli, certo, sono stati quelli da un certo di punto di vista più svantaggiati perché anche le lezioni on line erano meno fattibili. Bambini abituati a stare fuori di casa tutto il giorno improvvisamente si sono ritrovati a casa, senza compagni e senza potersi sfogare all’aperto.

Tutti hanno urlato allo scandalo, però diciamocelo non sono stati abbandonati, ma a casa, al sicuro dal virus e di fatto sono stati con le loro famiglie, invece di essere parcheggiati tra un corso e un doposcuola, e per molti è stata anche un’occasione di stare più vicini e di recuperare quel tempo rubato dai normali ritmi voraci del mondo del lavoro.

Molti si sono lamentati e hanno protestato per il disagio della chiusura della scuola, dell’assenza forzata dall’aiuto dei nonni e del dover fare delle acrobazie tra lavoro (comunque svolto a casa!) e gestione familiare. Forse solo oggi ci si è resi conto della difficoltà di gestire famiglia e lavoro assieme? Voglio dire, i nonni di oggi sono vivaci e attivi e non sono per forza dei babysitter statici (spesso lavorano o viaggiano, o chi meno fortunato non li ha nemmeno più), i ritmi del mondo del lavoro non sono leggeri e non lo sono mai stati.

Personalmente, da ben 12 anni, mi sono sempre dovuta gestire tra babysitter, aupair, aiuti vari volanti, part time, apertura della partita IVA, corse da un nido – a casa – al lavoro, e non sono stata l’unica a dover cercare delle soluzioni da acrobata perchè quando la scuola è chiusa per scioperi o i ragazzi sono malati bisogna avere un backup. I tanto ripudiati ritmi dello smartwork sono esattamente quelli che si hanno nelle multinazionali da più di 20 anni, anzi se posso dire sono modalità di lavoro comode per le mamme (e una fortuna per chi ne può usufruire). Eppure oggi – ai tempi del Covid – sembra una novità! Forse alcune categorie di persone non si sono rese conto di essere state delle privilegiate fino ad oggi ad avere avuto degli aiuti (che davano per scontati) o dei ritmi light?

Da anni sostengo che la scuola dovrebbe avere programmi diluiti, con più attività motorie e non finire a giugno, ma a luglio e riprendere a settembre, come accade in Germania o in altri paesi, che dovrebbero esserci più aiuti pomeridiani per chi lavora, eppure il mondo della scuola in Italia si è fermato agli anni ’50! E guai toccare le vacanze a certe categorie di lavoratori! A giugno tutto si ferma, i campus escludono spesso i ragazzi delle medie e i prezzi sono per lo più alle stelle…

Detto questo oggi leggo con stupore, non so se più infuriata o divertita, delle generose iniziative dei nuovi “centri di ascolto” per i più piccoli – “provati dal periodo del Covid19 ” – e messaggi che danno i seguenti preziosi consigli, come se fossimo dei decerebrati per alleviare il loro stress:
– Far fare sport ai figli: eh certo sono stati fermi tre mesi, ci voleva un esperto a dircelo…!
– Incentivare le attività all’aria aperta: caspita incredibile noi pensavamo di tenerli in luglio chiusi in casa! Magari se la smettesse di diluviare sarebbe comunque più facile.
– Iscriverli ai centri estivi – ma scusate, non dovevamo tenerli a distanza con plexiglas e altre idiozie? Ah no certo, poi altrimenti come teniamo vivo il business dei campus?
– Aiutarli se dimostrano segnali di ansia e disinfettano tutto: strano che li abbiano dopo aver visto mesi di campagne su come lavarsi le mani, genitori vestiti come palombari e la presenza di flaconi di disinfettanti anche davanti al supermercato; come mai avranno questa sindrome? Eh sì, per questo ci vuole proprio un buon psicologo…ma non per i bambini, ma per chi ha ridotto le persone a temere i germi più di qualsiasi altra cosa!
– Segnali di ipocondria – infatti i media hanno molto aiutato in questi giorni… sembra che non vedano l’ora di dire che la pandemia è in agguato e i “social-trogloditi” sono altrettanto celeri nel condividere notizie allarmanti, per essere i primi che “l’avevano detto”, che “è tutta colpa nostra”, che “ce lo meritiamo” e che “dobbiamo rinchiuderci in casa, possibilmente soli, con mascherina e antigermi!”.
– Distoglierli dai devices elettronici e incentivarli alla manualità. Anche qui leggo messaggi di velata accusa alle famiglie che hanno fatto giocare i ragazzi con i giochi elettronici nei periodi di clausura (ennesima colpa del singolo cittadino)… Non è certo la conseguenza di una sovra-esposizione conseguente alle lezioni on line? Ma dai, ovvio che ora si cerchi di far fare ai ragazzi una vita sana e normale, del resto sono stati i primi protagonisti della digitalizzazione e se comunque il distanziamento è ancora necessario, certo la socialità non è ancora del tutto una strada percorribile!

In conclusione, ricordiamoci che essere genitori significa prendersi cura dei propri figli, fare anche dei sacrifici, organizzarsi anche per poter continuare a lavorare, ma sono il dono più grande della nostra vita e dovremmo gioire di aver avuto l’opportunità di stare assieme, di insegnargli qualcosa di diverso, di passare loro le nostre conoscenze e i nostri valori e di aver avuto questa parentesi di condivisione, per costruire una relazione ancora più bella e forte.

Parigi

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Forse mancavo solo io a esprimere il mio inutile pensiero sulle stragi di Parigi, ma avendo un blog di attualità chiaramente mi sento in dovere di fare qualche commento su quanto è successo, ho aspettato perchè di fatto anche io sotto chock amando questa città e conoscendola bene. Quello che è successo in Francia è stato veramente terribile, ho persone care che vivono a Parigi e quanto accaduto mi ha molto colpito, come è capitato a molti di noi, perchè Parigi è “vicina”, perchè è Europa, perchè chiunque di noi poteva essere lì, perchè alcuni di noi hanno perso degli amici in questa tragedia. Parigi ha una sua storia e una sua politica. Ha una sua realtà e i suoi problemi interni come tutti i Paesi. Quello che abbiamo visto ahimé capita anche quotidianamente in altri paesi, ma noi in Europa non siamo certamente abituati, non le nostre generazioni.

Di fondo siamo un po’ tutti pacifisti-impreparati, buonisti-tolleranti. In Italia non abbiamo nemmeno più la leva obbligatoria dunque siamo molto lontani da una preparazione sia fisica sia psicologia alla guerra, quella vera, non quella virtuale o del soft air, quella dove la gente muore “per davvero”, non “per finta” come dicono i bambini.

In questo momento si sono riaccesi i dibattiti più svariati sulla guerra, la pace, le religioni. Un mix tra propaganda, terrore, dove tutti si improvvisano strateghi politici, militari, religiosi – per dirlo in una parola: “espertoni”!

Oggi in particolare sono stata colpita da una notizia “a Milano e Roma è psicosi sul terrorismo”, strano vero? Allora i messaggi in questi giorni nell’ordine sono stati:
– il terrorismo può colpire tutti
– il prossimo obiettivo è l’Italia
– Milano e Roma a rischio – si parla del Giubileo, del Duomo di Milano, della Scala

Telegiornali, servizi, approfondimenti danno notizie svariate, di fondo terrorizzanti e solo in pochi casi realmente ben fatte. Ti fanno vedere da un lato i poveri ragazzi del Bataclan appesi alle finestre, poi dei ragazzini bardati e armati fino ai denti che dicono che massacrearanno gli infedeli. Questo è il messaggio principale e vorrei sapere che si sente tranquillo con uno scenario così!

Ieri sera poi, mentre da un lato si festeggiava il fatto che si fosse debellato il virus Ebola, dall’altro si iniziava a ipotizzare quali potrebbero essere i virus di un attacco chimico. In contemporanea loro, i droni… “L’attacco letale dei droni”! Ma cos’è il titolo di un film di fantascienza?

Strano che si parli di psicosi quando i media fanno di tutto per calmarti! Perchè non danno qualche altro bel suggerimento ai terroristi che magari non ci hanno ancora pensato?

In Italia l’allarme terrorismo l’abbiamo da anni, quando ero piccola mi ricordo che venivano sconsigliati i luoghi di aggregazione troppo frequentati, i grandi magazzini sotto Natale, prudenza in stazioni e aeroporti.

Per strada ora se qualcuno alza la voce in arabo per dire anche “mi prude un piede” (tanto chi lo capisce?) vedi sguardi panicati e davvero ora il rischio che venga aggredito da una folla terrorizzata.

Ora non si può e non si deve vivere in questa maniera, mi sembra una follia… E’ ovviamente importante tenere gli occhi aperti, ma questo da sempre, è importante imparare a difendersi e se si vede qualcosa di strano avvertire le forze dell’ordine, senza esagerazioni, senza panico. Adesso non è che non puoi più andare alla Scala (tanto magari nemmeno ci pensavano, allora scusate è più pericolosa la metro, oppure le stesse piazze!) o non mettere piede a Roma. Quello che è accaduto ha traumatizzato tutti noi, non ci sono parole, ma bisogna vivere, vivere bene per noi e per non far vincere chi vuole seminare il terrore.