Una Milanese in Scozia

Prima di tutto sfatiamo un mito, in Scozia non è vero che piove sempre, abbiamo trascorso 10 giorni a fine aprile e avrà piovuto una volta. Certo il tempo è variabile, freddo e ventoso, considerando anche la latitudine, ma di fatto non è questa tragedia! Siamo tornati a Milano e pioveva a dirotto!

Edimburgo è una città estremamente romantica, mossa (strade che salgono e scendono), l’architettura gotica e il colore plumbeo della roccia lavica usata la rendono più severa, ma di fatto si tratta di una città molto vivace. La vita si svolge prevalentemente all’interno dei palazzi: mercatini, mostre d’arte, tutto è al “coperto” e va un po’ cercato…

Abbiamo avuto modo di vedere artigiani che costruivano gioielli, pittori che riproducevano ritratti delle truppe imperiali di Star Wars e una serie di mercatini vintage con vestiti e accessori che riportano agli anni ’40! Luoghi anche frequentati dalle pop star quando sono alla ricerca di nuovi look da indossare durante i concerti.

Per le strade molti turisti italiani (per lo più tristemente maleducati), spagnoli e francesi e ragazze dai capelli rosa confetto o azzurro bebè – grande tendenza di questa stagione.

Tutto funziona incredibilmente bene, cosa può rendere più felice una milanese? Mezzi che vanno, puntuali e puliti, caratteristica tipica anche di altre città nel Regno Unito come Londra. Strade pulite, casette uguali mai troppo alte, tutto ordinato, giardinetti intonsi. Ripensando alle nostre città, un velo di tristezza, mi è apparso ancor più evidente il degrado che spesso ci contraddistingue…

Il quartiere nautico, Leith, dove è presente anche il Britannia, non mi ha fatto impazzire, nonostante le meravigliose recensioni che le guide riportavano, di fatto si tratta del porto.

Durante il tour abbiamo visitato Glasgow che devo dire non mi è piaciuta, comoda per chi vive nella zona perché si possono trovare molti negozi, di fatto una città industriale, decadente e non ben frequentata, mentre Edimburgo è più dedicata ai servizi e assai curata. Anche qui grande delusione da parte della guida che ne parlava con noti entusiastici.

Il nostro giro è poi proseguito nelle High Lands. Il viaggio è piuttosto faticoso (dopo 8 ore mi ondeggiavano anche le orecchie!) però ne è valsa la pena. I paesaggi sono piuttosto brulli, con nuvoloni. Da visitare il lago di Loch Ness, non tanto per il mostro, che anche questo giro non si è visto, ma per la sua grandezza (è il lago che ha maggior portata d’acqua di tutto il Regno Unito). Qui si sentono forti le tradizioni e la cultura scozzese. Ci siamo spinti fino ad Inverness, molto più fredda e rassomigliante ad alcuni paesi nord Europei (mi ha ricordato alcuni villaggi danesi).

Lo sapevate che il Kilt veniva solo portato nelle High Lands e non nelle Low Lands? Che la cornamusa è stata per anni vietata e che i Clan erano molto potenti? E che le stanze dei castelli più abitate quotidianamente erano le più piccole? Quanto ai fantasmi abbiamo preferiti lasciarli in pace…

Passando al cibo, qui ho avuto un po’ una delusione, abituati alla cucina mediterranea… Molta carne, interiora (haggies), hamburger. Poche verdure, centrioli. La cosa peggiore che mi è capitata? Un hamburger vegeteriano (ok, folle io ad ordinarlo, lo ammetto…ma non ne potevo più di carne) con dentro dei maccheroncini scotti!

La lingua è piuttosto complessa, le i sono pronunciate e, e alcuni suoni un po’ deformati, bisogna farci l’orecchio e comunque sono presenti una grande influenza dello Scott e del Gaelico.

Nel complesso è una meta che consiglio, anche alle famiglie, la Scozia è veramente bella, offre molto ed è un grande esempio di civiltà e cultura…

La curiosità dov’è andata?


Durante l’infanzia, viene data una grande importanza alla capacità di essere creativi, di inventare delle storie, di imparare cose sempre diverse. I giochi dei bimbi devono essere intelligenti, costruttivi, fantasiosi. Poi non si sa cosa succeda, ma crescendo questi principi vengono sempre meno… Le persone adulte, si vantano spesso nel mondo del lavoro di essere “creative” e abili nelle proprie mansioni, mentre invece si tratta di grandi copiatori, poco originali, ma soprattutto poco curiosi.  Da cosa si capisce questa loro scarsità di curiosità? In primis dalla mancanza di hobby e di interessi. La gente ha sempre meno passioni. Sarà per la mancanza di tempo, sarà per pigrizia, ma di fatto è molto difficile trovare persone che vadano al di là del proprio giardinetto. Unico interesse diffuso, spesso portato a bandiera della propria cultura, è il fatto di aver fatto dei viaggi. Essere dei turisti, però, non basta e anche quello dipende da come viene fatto e con quanto si porti a casa da questi spostamenti. In alternativa alcuni vantano di andare in palestra, correndo magari su un nastro come dei criceti supportati da un personal trainer. Per carità piuttosto che riempirsi di popcorn davanti al pc va bene, ma anche qui c’è sport e sport. Correre all’aria aperta, guardare in giro o seguire una disciplina sportiva è meglio, rispetto a trovarsi soli con le cuffiette davanti al monitor di una cyclette leggendo la posta elettronica. Guardando le pagine Internet di questi no-curiosity-people si vedono solo post che riguardano il loro lavoro, sono assolutamente prestazionalisti, fanno il compitino… Se sono giovani vedi solo foto in compagnia dove fanno brindisi in località amene che però non riesci a vedere in quanto nascoste dai loro faccioni livellati dal “selfie effetto bellezza”. Mai niente di diverso o innovativo, niente di loro o di minimamente intrigante. Soprattutto queste persone non sono divertenti, non sanno ridere e non giocano e questo è molto triste, si nascondono dietro ai loro impegni noiosi per giustificare l’assenza di emozionare. Ormai, in Italia, anche nei colloqui spesso non vengono scelte persone con esperienze diverse che potrebbero accrescere le competenze aziendali, ma dei cloni di individui già esistenti, che non portano alcuna freschezza, in un eterno livellamento, un piattume verso il basso, per dirla con linguaggio di oggi “è tutto molto flat”. Quindi come uscire da questa china verso l’inesorabile tristezza? Prima di tutto il mio consiglio è di godersela un po’ di più in generale, iniziando dalla cucina e assaporando anche sapori diversi. Secondariamente leggere, eh si proprio come ti dicono a scuola, ma non solo le notizie, ma proprio dei libri, poi frequentare delle persone giovani, con le quali fare anche delle attività divertenti o avere uno scambio. Ascoltare la musica! Chi sente più la radio? Avere l’umilità di riconoscere che si impara ogni giorno, a qualsiasi età, praticare uno sport, dedicarsi agli altri. Eh si anche dedicarsi agli altri, avere un confronto, saper ascoltare aiuta ad evolversi, usare i social e i viaggi come mezzi per imparare non solo per mostrare, avere un approccio felicitante alla vita, infantile, non nel senso regressivo, ma nel senso pionieristico. Non avere delle preclusioni, incredibile ci sono ancora persone “contro” ai social, alla televisione, ai giocattoli in plastica, alle medicine e il vero dramma non è che li contestino, posizione del tutto rispettabile, ma che lo facciano aprioristicamente, senza conoscerli. Ricordiamoci la curiosità è la prima leva verso l’apprendimento e se nei primi anni della nostra vista serve per crescere, dopo serve per non invecchiare e non essere anacronistici, ma soprattutto a non essere noiosi e a gioire un po’ più della vita che può offrire anche tante sorprese!