Come mangia una milanese?

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Secondo me in maniera folle… anche se poi ci saranno ovviamente le eccezioni e sicuramente delle ottime cuoche!

La milanese più trendy prima di tutto ha un abbonamento ad un servizio di frutta o verdura a domicilio, biologico o a km zero. Io ho provato per un po’ di tempo quello a km zero, in effetti il sapore era buono, ma alla sesta volta che mi hanno portato le erbe di campo e la barba del prete, con alcuni ceppi di ranuncoli mi sono stufata di brucare, oltre al fatto che la cassa a casa mi andava a male, dunque c’era la corsa per cucinare tutto prima che mi marcisse sul balconcino (in estate poi la sfida era anche peggiore vista la temperatura) e se vedo i vermi urlo e svengo.

La mattina, la milanese, prende il caffè per affrontare la giornata, sia in tazza grande, piccola, bicchierone o altro, comunque è irrinunciabile. Si può affiancare qualche biscotto, oppure la brioche burrosa e lucida per le più temerarie. Senza questo non potrai mai iniziare la giornata, ho provato anche con quello d’orzo, dopo due settimana di brodaglia nerognola ho deciso di abbandonarlo, troppo triste e deprimente, ma soprattutto rischiavo l’addormentamento in tram.

Tutti i dietologi consigliano di fare uno spuntino a metà mattina, per essere sana la prima idea è di portare qualcosa come la frutta, tu lo fai un paio di volte, ma la puzza di banana è fastidiosa, il mandarino ancora peggio e devi sputare i semini, il finocchio scricchiola e la mela diventa nera per cui rimane solo la terribile macchinetta, irresistibile con patatine e pasticci vari, per carità sfiziosa, però ecco, lontana dalla macedonia consigliata dai dietologi. Ogni tanto qualcuno in ufficio festeggia e se viene dal sud ti porta la Cassata, se viene dal nord la Sbrisolona, ma intanto è un diversivo e quindi speri sempre che ci sia un compleanno in giornata per sfuggire alla macchinetta e alla frutta annerita in borsetta!

Ore 13, finalmente pausa pranzo, la milanese tipica mangia la “schiscetta” davanti al pc, abitudine poco salutare, triste e ingobbente, specie per i vicini di scrivania che sentono odore di minestrone di cavoli, le più allegre cercano un bar-ristorante sotto l’ufficio che se sei fortunata ti costa in media 12 euro, l’offerta è ampia: finti etnici, dosi da nouvelle cuisine e lì puoi decidere di essere sana, anche se i menu si assomigliano tutti: pizza gommosa, rigatoni alla norma, pollo al curry (con poco pollo), insalata di polipo (senza polipo), arrosto di plastica, purè di segatura o patate crude, tofu al nulla tostato con salsa di noci, 1 cm di caffè alla cicuta. Ti alzi ancora sazia, ma decisamente più povera e torni in ufficio per il resto della giornata con un langurino ancora non spento.

Della merenda non parliamo, qui si ricade nella trappola della macchinetta…oppure si va a prendere un gelato in estate, ma raramente, non c’è tempo per la meranda, si salta e punto e poi ingrassa, anche se il dietologo dice di no. Puoi in compenso berti i famosi due litri d’acqua, utili per tutto, sperando che ti spengano il languorino del pranzo, di fatto ti costringeranno alla toilette in continuazione.

Arriva la sera, se non partecipi ad un happyhour a base di scarti del pranzo del bar, vai di corsa verso casa, passi davanti al supermerato – dai un’occhiata, coda alle casse – “no ti prego, vado a casa qualcosa ci sarà…” e come ben ricordavi il frigorifero è rigorosamente vuoto, dunque passi al reparto surgelati, se ti va bene c’è un sughetto, un panzerotto o una carpa ghiacciata, altrimenti devi proprio applicarti e decidi di prepararti qualcosa di rapido tipo una pastasciutta volante o una fettina di pollo triste alla griglia. Se hai dei figli va meglio, l’istinto di maternità, unito a quello di sopravvivenza, ti fanno ritrovare in fondo al freezer la cremina nel tupper surgelata, quella verde che solitamente il pupo ti sputa e tu disperata mangi con tanto di puccetta perchè non accetti questa terribile sconfitta!

Detto questo direi che la giornata alimentare può finire qua, salvo che tu non sia così coraggiosa da osare la tisana, quella con raffigurato il Buddah, rilassante e rigenerante, con ginger e liquirizia, che di solito, ancora una volta, è finita o è scaduta o – se riesci a prepararla – finisce al suolo grazie all’affettuosa spinta…del gatto!

 

Un carnivoro al ristorante vegano

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“Tesoro, ci ha invitato una coppia di miei amici al ristorante per sabato sera ti va bene?”, “sì certo dove andiamo?” “ehm al ristorante vegano…”. “Stai scherzando vero? Io carnivero convinto, appassionato di maionese e ciccioli, inventore della salsa rosa con l’aceto balsamico e promotore della tar tar… al vegano, sei impazzita? Rilancia con la churrascheria!”… “tesoro sono vegetariani, però se vuoi va bene anche una pizza…”. “Boff… ci daranno 4 verdure speziate ad un prezzo esorbitante, ma se proprio insisti…”. Morale dopo qualche lamentela, il manifesto alla piramide alimentare, il concetto che il leone ti mangi ugualmente e idem lo squalo, prendiamo la decisione. Si accetta e si prova!

Appuntamento ore 19.30 all’Alhambra, ristorante vegano di via San Gregorio a Milano, con inclinazione etnica, dove scegliamo dal bancone un “cartoccino” di verdure miste, modello self service. Ci trasferiamo poi in una seconda sala dove i piatti ci vengono serviti su un piatto normale accompagnati da un ottimo hummus con dello squisito pane nero.

Spesso mi capita di scegliere menu vegetariani nei ristoranti in quanto, specie nella cucina orientale (indiana, srilanka e simili), le carni sono molto cucinate e poco digeribili, dunque non è raro che  scelga piatti a base di verdure, non sempre però sono all’altezza delle aspettative in quanto troppo speziati o piccanti.

Devo dire che siamo rimasti piacevolmente sorpresi, il seitan era preparato bene, con una salsina delicata e non aveva il sapore di chewingum di altri posti, le verze nere erano molto buone e idem il riso. La zucca al forno era particolarmente appetitosa e idem la farinata. Solo la lasagna non era un granchè, in questo caso l’errore è stato di voler ricercare dei piatti “già familiari” alla nostra alimentazione quotidiana, mentre è meglio assaggiare proposte diverse. I dolci non mi sono particolarmente piaciuti, ma ammetto che la panna vegetale era assolutamente identica a quella animale. Penso che si potrebbe riutilizzare anche a casa per preparare dei dessert. Anche il mio “cacciatore” di fondo era soddisfatto, ha ammesso che avevamo fatto bene a provare questo ristorante diverso, che alla fine aveva anche un prezzo moderato, al contrario di molti altri vegetariani/bio che sotto il cappello del veg, ne approfittanto per portarti dei conti imbarazzanti e comunque la compagnia piacevole ha reso il tutto più gradevole!

L’esperienza direi che è stata proprio positiva, il segreto in questi casi è quello di provare un po’ di tutto, anche per imparare a cucinare le verdure – che di fatto sono salutari – in maniera alternativa, più sfiziosa e comunque sapere che per una sera si è mangiato in un luogo “cruelty free”, mi ha fatto stare bene anche psicologicamente…sicuramente da riprovare!

 

Le terme di Verona: la mia esperienza

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aquardens-thumb-03Quando una persona pensa alle terme non viene forse in mente subito la città di Verona. Varie però sono le località nella zona che offrono la possibilità di beneficiare di queste acque dalle magiche proprietà. In particolare ieri siamo stati ad Aquardens, vicino a Pescantina. Un parco acquatico molto gradevole, pulito, che offre differenti servizi.

Prima di tutto parliamo dell’acqua salso-bromo-iodica (ricca di cloruro di sodio, bromo e iodio, ma anche di calcio, magnesio e ferro). Grazie alle alte temperature e alla ricchezza di minerali, stimola il sistema immunitario e sviluppa proprietà antinfiammatorie, antisettiche e antiedemigene. In sostanza è un’acqua che fa bene!

All’aspetto salutare possiamo aggiungere quello del relax, infatti venongo offerti diversi trattatamenti, massaggi e cure che però non abbiamo provato in quanto abbiamo preferito concentraci sulle piscine e avevamo scelto l’ingresso ridotto (4 ore).

Ottimo luogo dove andare con partner, amici o figli. Per i bambini poi esiste anche una piccola parte con un’animatrice dove i più piccini possono  essere intrattenuti nel momento in cui, per esempio dopo pranzo, li si vuol tenere fuori dall’acqua. Infatti il parco era anche frequentato da mamme con bimbi molto piccoli. Volendo per chi risiede nella zona è possibile anche fare anche fare corsi con una certa continuità.

La temperatura dell’acqua è fantastica, la mia preferita, intorno ai 36°gradi, unica cautela non bisogna stare immersi troppo tempo, loro stessi consigliano un’immersione della durata tra i 10 e 15 minuti in acque con temperature tra i 35°C e il 37°C seguita da un riposo di 30 minuti per rendere effettivi i benefici avuti dal trattamento.

Al fine di ottimizzare l’azione terapeutica dell’acqua termale, ed evitare gli inconvenienti dovuti a una prolungata permanenza nell’acqua calda, invitano gli ospiti ad effettuare immersioni comunque non superiori ai 20 minuti e ammetto che la tentazione è quella di stare di più vista la gradevolezza dell’ambiente!

Per il pranzo nessun problema, a bordo vasca è presente un bar più semplice, ma volendo in alternativa è presente un ristorante self service con un’offerta più completa e anche il bar all’uscita è molto invitante e pulito.

Bellissima la parte esterna, le grotte, purtroppo, erano in manutenzione, ma correttamente ci hanno informato all’ingresso – quindi questa volta non le abbiamo provate, ma l’aria fresca che faceva da contrasto all’acqua calda era molto gradevole, specie in una giornata di bel tempo come ieri.

Nel parco vige un po’ il concetto del villaggio, infatti si viene dotati all’inizio di un braccialetto, assoultamente da non perdere, con il quale si può accedere alle piscine, agli armadietti e sul quale vengono addebitate tutte le spese (pranzo, ecc.).

Insomma un’esperienza molto buona, da ripetere, anche in stagiorni meno rigide, quando si può beneficiare della parte esterna ricordando però che l’acqua è termale quindi terapeutica, ma anche “stancante”!