One House – Different Voices

 

# monclergenius
L’evento si è tenuto oggi 24 febbraio 2019 presso i Magazzini Raccordati di via Ferrante Aporti a Milano, in concomitanza con la settimana della moda milanese.
Un evento veramente ben organizzato, iniziando dalla location, un’area nel quartiere NoLo che si sta rivalutando e recentemente ha ospitato anche alcune installazioni durante la Milan Design week. Qui il design, la moda e un sapore post industriale si sono mescolati alla perfezione.
La struttura si è prestata ottimamente ad ospitare i capitoli della storia di Moncler Genius.
Assolutamente variegate e con un alto contenuto moda le collezioni presentate. Capi dalle forme e dai colori più diversi con una totale rivisitazione del concetto di piumino, molto lontano da quegli anni ’80 che molti della mia generazione ricorderanno. Visitando i diversi “padiglioni” ho trovato spettacolari l’1 – M. Pierpaolo Piccioli, con i suo lunghi capi eleganti, l’emozionante musica classica e l’accogliente parquet; il 7 – M. Fragment Hiroshi Fujiwara con la sua cascata virtuale; il bosco misterioso a tratti quasi inquietante del 4 – M. Simone Rocha, ma anche l’atmosfera floreale di 0 – M.Richard Quinn dove fiori neri si alternavano a piumini colorati e a un landscape quasi fiabesco. 3 – M. Grenoble ha mostrato invece un’atmosfera psichedelica dove blu elettrico, rosso e fuxia erano protagonisti assieme a musiche in tema. Divertente anche lo spensierato Moncler & Poldo dog couture, molto gradito dalle famiglie con bambini.
Molti i partecipanti, visibilmente appartenenti al mondo della moda, ma anche studenti, curiosi, artisti. Il personale impeccabile ha saputo gestire la folla in maniera eccelsa con rispetto e organizzazione. Sicuramente la registrazione on-line ha permesso una buona gestione del flusso di persone.
Veramente un evento degno di un grande brand! Complimenti!

Un grande nemico della comunicazione: le Fake News

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Per chi come me da anni lavora nella comunicazione, nulla è più disturbante delle fake news. Ossia notizie false, inventate, ingannevoli o distorte, rese pubbliche con il deliberato intento di disinformare o diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione tradizionali o via Internet, soprattutto per mezzo dei social media.

Molte persone senza nemmeno rendersene conto, spesso in buona fede, condividono notizie false, e la cosa grave è che lo facciano talvolta operatori del settore che – per fretta o superficialità – non verificano le fonti prima di divulgare un’informazione che in qualche modo sembra essere verosimile.

Le bufale rovinano le reputazione dei media proprio in un’era dove la comunicazione è veloce e si muove tramite diversi canali integrati.

Recentemente ne ha parlato anche il Papa, che mi ha fatto sorridere, ricordando che la prima fake news risalga alla genesi dove il noto serpente dà informazioni non veritiere…

E’ con estremo piacere che ho letto che recentemente anche Zuckemberg, parlando delle novità introdotte da Facebook, abbia annunciato che gli utenti iscritti avranno la possibilità di indicare quale siano le fonti più attendibili. Questa iniziativa sarà volta ad avere una maggiore qualità dei contenuti.  Sappiamo che la rete viaggia con tempi molto veloci ed è importante che si inizi a combattere le fake news proprio su questo territorio. Ciò che sarà difficile, a mio avviso, sarà proprio individuare quali notizie siano vere e quali no…

Recentemente, inoltre, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica sulle notizie false creando un pool formato da esperti di alto livello provenienti dal mondo accademico, da piattaforme online, da mezzi d’informazione e da organizzazioni della società civile. Questa iniziativa servirà a definire la strategia dell’Unione Europea – che sarà presentata nella primavera del 2018 – per contrastare la diffusione di questo fenomeno e rinsaldare il legame di fiducia tra i cittadini e i mezzi di informazione.

Infine anche la Polizia si è mossa in questo senso, lanciando sul suo sito il 18 gennaio 2018, il progetto “red botton” volto alla segnalazione di fake news. Si tratta di un nuovo servizio messo a disposizione dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni presentato nella sede del Polo Tuscolano dal ministro dell’Interno Marco Minniti, dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, e dal direttore del servizio di Polizia postale, Nunzia Ciardi. Gli operatori, attraverso l’impiego di tecniche e software specifici, potranno identificare le bufale e sul sito del Commissariato di ps on line e sui canali social istituzionali verrà pubblicata una puntuale smentita.

Ma cosa possiamo fare noi? Il primo consiglio che darei è quello di verificare sempre le fonti delle notizie, andare a vedere anche semplicemente su Google se è già stata indicata  come falsa da altri utenti ed evitare di essere i primi ad utilizzare social o il semplice whatsapp come amplificatori di news, “catene” e simili che già il buon senso ci farebbe definire poco credibili!

 

NASA – A Human Adventure

Oggi ho avuto il piacere di  visitare la mostra della  Nasa a Lambrate. E’ iniziata il 27 settembre allo Spazio Ventura XV e terminerà il 4 marzo 2018. La zona non è comodissima, l’ideale è prendere la 54, perchè si trova a circa un paio di km dalla metro di Lambrate.

Gli spazi sono abbastanza grandi, basti pensare che si tratta di 2500 mq e si possono trovare circa 300 manufatti originali disposti su un bellissimo percorso didattico che si snoda in 6 sezioni: si parte dalla “gantry entrance”, per poi andare nell’area dei “sognatori”, “la corsa allo spazio”, “i pionieri”,  “la resistenza” e infine, “l’innovazione”.

Il pubblico accede all’esposizione attraverso la stessa passerella che gli astronauti della NASA percorrono prima di salire a bordo degli shuttle.
E’ possibile vedere da vicino un po’ tutto quanto riguarda il mondo dello spazio: razzi, shuttle, Rover spaziali (i miei preferiti!), e tanto altro. Tra i vari, sono presenti anche un modello in scala del razzo lunare Saturn V; la replica della pioneristica capsula Mercury, e della Gemini (costruita per missioni di lunga durata); un modulo dell’Apollo che portò l’uomo sulla Luna; lo Space Shuttle, prima navicella riutilizzabile e il telescopio Hubble.

Ho particolarmente apprezzato il programma Mercury 13 degli anni ’60,  relativo alle FLATs: first Lady Astronaut trainees, le prime apprendiste astronaute coinvolte nelle missioni spaziali statutinetensi, in particolare Jerry Cobb!

Per chi è alla ricerca di nozioni, è interessante poter conoscere  la storia della National Aeronautics and Space Administration (NASA), e le sue conquiste.

E per i più temerari? Consiglio di provare la simulazione offerta dal  “G-Force – Astronaut Trainer”. La coda per per questa attività era fattibile, si paga un extra ticket di 4 euro (che, a mio parere, poteva essere incluso nel biglietto visto che non è proprio regalato!). Molti anche i bambini che lo hanno provato (superiori ai 120 cm e accompagnati dai genitori  se minori di 14 anni).

Nel complesso consiglio di vivere questa esperienza interattiva, ne vale proprio la pena!

 

 

E se ospitassimo una ragazza alla pari?

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Essere mamma ai giorni nostri talvolta è complesso, tra lavoro, impegni, riunioni, non è facile gestire la famiglia. Una volta si ricorreva ai “nonni”, ma ora i tempi sono cambiati, si è allungata l’età nella quale si fa il primo figlio oppure si vive in città diverse e quindi come fare? La prima soluzione che viene in mente è la babysitter, peccato che i costi non siano per tutti sostenibili e non tutte le ragazze intenzionate a “venire incontro” e quindi? Quindi abbiamo trovato una soluzione alternativa, ospitare una ragazza alla pari!

Ospitare una ragazza alla pari è un’esperienza molto bella. Se volete seguire questo percorso prima di tutto dovete sentirvi pronti all’idea di avere in casa un’altra persona, una persona che sarà come una figlia grande – sotto tutti i punti di vista. E come tale non sarà necessariamente come immaginate voi, ma esattamente come può accadere con un figlio fatto da voi, “lei è lei”!

Partiamo dagli aspetti postivi: prima di tutto lo scambio culturale, una ragazza di un altro paese vi porterà una ventata di novità, a partire dalla lingua che i vostri bambini potranno imparare sin da piccoli. Indubbiamente è un aiuto formidabile se lavorate e una compagnia. Si tratta di ragazze giovani e spesso divertenti che portano allegria e insegnano anche “nuove tendenze”. L’aupair generalmente vive in casa per cui è bello poter condividere le nuove esperienze reciprocamente.

Dall’altra parte bisogna stare attenti perché non tutte le ragazze sono realmente motivate a fare questa esperienza, a volta non sono proprio convinte, possono essere i genitori a spingerle a farlo e poi si pentono, oppure di fatto non hanno voglia di occuparsi dei vostri figli e di giocare con loro ma solo di uscire da casa loro e di folleggiare in un altro paese con la faccia nel cellulare. In questo caso il consiglio è di invitarle a trovare delle altre soluzioni, altre occupazioni più idonee alle loro esigenze e soprattutto alle vostre di genitori.

Consideriamo poi che una ragazza alla pari non è una baby sitter specializzata e bisogna insegnarle a stare coi bambini, spesso hanno 20 anni e sono giovani, non è tutto scontato… non possono sostituire il vostro ruolo ma affiancarsi come aiuto nella gestione day by day.

Negli ultimi 5 anni ho avuto modo di ospitare molte ragazze, talvolta per brevi periodi, talvolta per lunghi (e sono le soluzioni che consiglio anche per dare continuità ai vostri figli). Devo dire che alcune di loro sono state delle ragazze meravigliose con le quali costruire proprio un bel rapporto, altre delle delusioni terribili dalle quali fuggire…

Nella selezione della ragazza ricordatevi anche che è importante il paese di provenienza e la cultura anche perché gestiranno il rapporto con i vostri figli in base a quanto hanno a loro volta appreso ed è importante che non sia troppo distante dal vostro punto di vista per evitare conflitti: interazione sì, scontro no!

Infine la ragazza alla pari non è una colf, ma una figlia in più e bisogna essere aperti ad aiutarla, a condividere con lei gioie ed emozioni ed insegnarle ad affrontare una nuova tappa anche per la sua vita, non è sempre facile, ma quando riesce è molto bello!

Una Milanese in Scozia

Prima di tutto sfatiamo un mito, in Scozia non è vero che piove sempre, abbiamo trascorso 10 giorni a fine aprile e avrà piovuto una volta. Certo il tempo è variabile, freddo e ventoso, considerando anche la latitudine, ma di fatto non è questa tragedia! Siamo tornati a Milano e pioveva a dirotto!

Edimburgo è una città estremamente romantica, mossa (strade che salgono e scendono), l’architettura gotica e il colore plumbeo della roccia lavica usata la rendono più severa, ma di fatto si tratta di una città molto vivace. La vita si svolge prevalentemente all’interno dei palazzi: mercatini, mostre d’arte, tutto è al “coperto” e va un po’ cercato…

Abbiamo avuto modo di vedere artigiani che costruivano gioielli, pittori che riproducevano ritratti delle truppe imperiali di Star Wars e una serie di mercatini vintage con vestiti e accessori che riportano agli anni ’40! Luoghi anche frequentati dalle pop star quando sono alla ricerca di nuovi look da indossare durante i concerti.

Per le strade molti turisti italiani (per lo più tristemente maleducati), spagnoli e francesi e ragazze dai capelli rosa confetto o azzurro bebè – grande tendenza di questa stagione.

Tutto funziona incredibilmente bene, cosa può rendere più felice una milanese? Mezzi che vanno, puntuali e puliti, caratteristica tipica anche di altre città nel Regno Unito come Londra. Strade pulite, casette uguali mai troppo alte, tutto ordinato, giardinetti intonsi. Ripensando alle nostre città, un velo di tristezza, mi è apparso ancor più evidente il degrado che spesso ci contraddistingue…

Il quartiere nautico, Leith, dove è presente anche il Britannia, non mi ha fatto impazzire, nonostante le meravigliose recensioni che le guide riportavano, di fatto si tratta del porto.

Durante il tour abbiamo visitato Glasgow che devo dire non mi è piaciuta, comoda per chi vive nella zona perché si possono trovare molti negozi, di fatto una città industriale, decadente e non ben frequentata, mentre Edimburgo è più dedicata ai servizi e assai curata. Anche qui grande delusione da parte della guida che ne parlava con noti entusiastici.

Il nostro giro è poi proseguito nelle High Lands. Il viaggio è piuttosto faticoso (dopo 8 ore mi ondeggiavano anche le orecchie!) però ne è valsa la pena. I paesaggi sono piuttosto brulli, con nuvoloni. Da visitare il lago di Loch Ness, non tanto per il mostro, che anche questo giro non si è visto, ma per la sua grandezza (è il lago che ha maggior portata d’acqua di tutto il Regno Unito). Qui si sentono forti le tradizioni e la cultura scozzese. Ci siamo spinti fino ad Inverness, molto più fredda e rassomigliante ad alcuni paesi nord Europei (mi ha ricordato alcuni villaggi danesi).

Lo sapevate che il Kilt veniva solo portato nelle High Lands e non nelle Low Lands? Che la cornamusa è stata per anni vietata e che i Clan erano molto potenti? E che le stanze dei castelli più abitate quotidianamente erano le più piccole? Quanto ai fantasmi abbiamo preferiti lasciarli in pace…

Passando al cibo, qui ho avuto un po’ una delusione, abituati alla cucina mediterranea… Molta carne, interiora (haggies), hamburger. Poche verdure, centrioli. La cosa peggiore che mi è capitata? Un hamburger vegeteriano (ok, folle io ad ordinarlo, lo ammetto…ma non ne potevo più di carne) con dentro dei maccheroncini scotti!

La lingua è piuttosto complessa, le i sono pronunciate e, e alcuni suoni un po’ deformati, bisogna farci l’orecchio e comunque sono presenti una grande influenza dello Scott e del Gaelico.

Nel complesso è una meta che consiglio, anche alle famiglie, la Scozia è veramente bella, offre molto ed è un grande esempio di civiltà e cultura…

La percezione della difesa personale

Negli ultimi anni ho avuto l’opportunità di avvicinarmi al mondo della difesa personale. Questo argomento viene trattato in maniera molto diversa, vari sono i professionisti e altrettanti quelli che non lo sono. Ho notato che spesso le donne sono più reticenti sul fatto di praticare un corso di questo tipo e mi sono interrogata molte volte sul perchè. A questo punto ho pensato che potesse essere utile realizzare una piccola ricerca on line sul vissuto della difesa personale. Il campione di 56 soggetti è stato coinvolto tramite la somministrazione di un breve questionario via Facebook e la rilevazione è avvenuta nella prima quindicina del febbraio 2017. Si sono espresse per l’ 80% donne e per il 20% uomini, in piccola parte (1/4) già frequentatori di un corso di difesa personale, di età trasversale (16-ultra 64enni) e residenti in centri di dimensioni differenti (per lo più le risposte sono state registrate presso quanti vivono in una grande città – 68%).
I risultati sono stati molto interessanti… Partendo dal fatto che solo il 2% non vorrebbe mai imparare a difendersi e  poco più del 10% non sarebbe interessato, ben il 60% dei partecipanti alla survey vorrebbe frequentare un corso di difesa personale. Sul perchè non venga poi di fatto seguito possono esserci diversi ipotesi  che vanno dal tempo a disposizione, ai costi, delle volte solo la pigrizia, ma sicuramente il problema non è dettato dalla scarsità di interesse nei confronti dell’argomento.

Sono state chieste quali sono le parole che vengono associate al concetto di difesa personale. Le risposte sono state in prevalenza positive e hanno chiaramente denotato il legame con il senso di protezione, di difesa dall’aggressività altrui, di protezione dei propri cari, di desiderio di indipendenza. Interessante anche il dato legato alla strategia, la capacità di gestire i conflitti, più alta rispetto alla forza fisica che si potrebbe supporre, visto l’argomento.

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E cosa ne pensano gli intervistati delle persone che frequentano dei corsi di difesa personale? Anche in questo caso emerge la percezione della self-defence in termini positivi. Una persona che pratica un’arte marziale per difendersi viene definita razionale, “normale” una persona equilibrata, che vuole imparare a gestire i conflitti nel suo interesse e in quello degli altri. In misura più esigua risulta essere una persona che ama gli sport di combattimento, che ha subito un’esperienza spiacevole o insicura. Solo una esigua minoranza del campione ritiene che siano persone “strane”, aggressive, insicure, ma nessuno sostiene di “non capirli proprio!” (item inserito appositamente come provocazione).

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Ma chi dovrebbe fare un corso personale? Secondo la maggioranza dei rispondenti “tutti” ed in particolare “chi ne sente il bisogno”, “chi vive in un contesto con dei potenziali pericoli” o “chi ha una struttura fisica non particolarmente forte”. Non si registrano invece  delle differenze di genere, quasi nessuno sostiene che dovrebbero farli in particolare le donne e men che meno solo gli uomini, ricordando poi che il campione era in prevalenza femminile il risultato è ancor più interessante.

Infine è stato richiesto, tramite domanda aperta, che cosa si vorrebbe trovare in un corso di difesa personale. Le risposte registrate sono molto interessanti, le persone vogliono trovare sicurezza, insegnanti seri e professionali, imparare a gestire le situazioni pericolose e lo stress di un’eventuale aggressione. Ma non solo, anche avere un appoggio psicologico, imparare a reagire velocemente e a farsi rispettare, specie se fisicamente ci si percepisce come più deboli. Solo esiguamente la difesa personale viene percepita come un’attività sportiva, per mantenersi in forma.
Una risposta degna di nota è stata la seguente: “vorrei un corso che mi insegni a farmi rispettare nonostante sia una ragazza”. La parola “nonostante” apre una serie di pensieri e riflessioni che lascio a voi. Dalla parola “ragazza” se ne evince che la rispondente sia giovane ed è importante che anche i più giovani siano i primi a cambiare gli stereotipi ancora vigenti.

Una difesa personale dunque responsabile, intelligente, strategica è il quadro che viene dipinto da questa breve indagine: una maniera razionale per prendersi cura di sè stessi e delle persone a cui vogliamo bene.

Sòno – tuning

Stasera ho avuto il piacere di essere invitata alla presentazione di qualcosa di veramente nuovo e diverso presso la Casa della Cultura di via Borgogna a Milano: “Sòno”, ossia un nuovo metodo di consulenza dedicato alle persone che vogliono risintonizzarsi con se stesse, simbolo del progetto, naturalmente, un’evocativa radio! Non si tratta di consulenze psicologiche o di un supporto alle persone affette da patologie, utilizza un approccio legato alle scienze sociali, è interessante per tutti, trasversale, con riferimenti alla cultura psicoanalitica e a Maslow. Inventore di questo metodo Enrico Finzi, sociologo, giornalista e scrittore assieme ad un team al femminile sensibile e attento a questo genere di tematiche. Il tutto nasce da uno studio sulla felicità e ha lo scopo di aiutare il singolo individuo a ritrovarsi. In che maniera avviene tutto ciò? Avviene tramite il suo storytelling, la  narrazione e con l’ausilio di accurati questionari… Un bel progetto a mio avviso, illuminista, colto. Anche il relatore non poteva essere da meno, Daniela Hamoui. Per ulteriori informazioni il loro sito è http://www.sono-tuning.it. 

Il magico mondo dello smalto semipermanente

Per Natale mi è stato regalato un bellissimo kit, con tanto di lampada led per l’applicazione dello smalto permanente. Si sa infatti che negli ultimi due anni la grande moda è avere unghie perfette, meglio se con nail-art applicata. Non essendo pratica del settore, ho iniziato a “studiare” l’argomento e a guardare una marea di tutorial sulla sua applicazione. Qui si è aperto un mondo, quello della ricostruzione delle unghie dove ragazzine improvvisate con accenti bizzarri e sgrammaticate o professioniste, danno consigli per avere mani impeccabili. Conetti per applicare il gel, glitter di ogni tipo, colori da drag-queen, ma il più bello era quello di una ragazza con accento straniero che raccontava i suoi esperimenti per togliere lo smalto con dentifricio, dopobarba, altro smalto e bizzarri prodotti chimici trovati in casa! Non sapevo se ridere o inorridire. Non parliamo poi dei demonizzatori che parlano di questi trattamenti con il consueto tono intimidatorio lasciandoti quel velato dubbio, alla fine del tutto, di rimanere minimo senza dita!

Detto questo, ho scoperto – applicando i prodotti – alcuni “incredibili” segreti che pur non essendo dermatologa, estetista, manicurista, tengo a condividere con voi perché si rifanno alla regola del buon senso, e forse perché intimamente vorrei fare un tutorial anche io, ma non mi sento ancora pronta!

  • Tenete lo smalto permanente per pochi giorni di fila perché le unghie non respirano e sono “vive”, rischiate di farvi dei gravi danni e poi ci si mette mesi per farle ricrescere
  • Attenzione alle ricostruzioni, basta guardare su google e vedere che sono molti i siti che riportano foto di funghi verdi, macchie giallastre e bianche creati dai trattamenti fatti con mancanza di igiene o con prodotti troppo aggressivi. Esistono prodotti per la prevenzione delle micosi, nel caso informatevi. Lo smalto semipermanente non è quello della ricostruzione, ma comunque l’unghia rimane coperta.

Ma passiamo ora agli strumenti per applicazione e rimozione (visto come sono tecnica?)

  • Il buffer: scorticarsi le unghie con il buffer limandole sopra prima e dopo è una grande idiozia in quanto rovina lo strato ungueale superiore, ossia vi danneggiate le unghie. Io non le ho “bufferate” e lo smalto si è applicato perfettamente!
  • Le unghie non devono essere umide prima di applicare gli smalti se no si possono creare delle muffe, esattamente come in cucina…
  • Il primer, è uno smalto che va applicato senza “infornarlo” e permetto poi agli altri trattamenti di avere maggior presa e durata
  • La base: è molto importante perché protegge in qualche modo l’unghia, esistono quelle fast-off, ossia che permettono poi una rimozione più veloce e indolore. Usatele! Nella catena dove sono andata a comprarla, l’inesperta commessa dichiarava che fosse un prodotto inutile e che non riuscivano a vendere perché non se ne capiva l’utilizzo. Utilizzo, che in realtà è elementare: si mette al posto della base, ma si toglie facilmente e non necessita di primer – non mi sembra difficile
  • Colori: scegliete colori non nauseanti, altrimenti li odiate dopo 2 giorni
  • Top coat: utile, anzi indispensabile protegge il tutto e sigilla
  • A ogni passaggio le unghie fanno infornate per 60/120 secondi (dipende dal fornetto) e all’inizio scotta, cosa che non vi dice nessuno! Lo smalto applicato sul pollice cola di lato, perché inclinato rispetto alle altre dita quindi meglio farlo da solo.
  • Sgrassatore, è un acetone senza acetone, da usare altrimenti le unghie rimangono appiccicose e fanno un effetto carta moschicida.

Quando è il momento di togliere lo smalto, e a mio avviso non deve essere oltre una settimana, vi ricordo che esistono prodotti fatti apposta a base di acetone oppure i prodotti di maggior qualità o fast off, si rimuovono come delle pellicole, degli stickers, manualmente, senza bisogno di grattugiarsi le unghie. Anche qui su Internet ho visto di tutto, gente che limava via lo smalto danneggiandosi le unghie, che le immergeva in soluzioni magiche e improbabili o con bacchettini varie le grattava. Lasciate fare queste cose agli esperti piuttosto, ma cercate comunque di non rovinarvi con rimozioni barbariche.

Dopo la rimozione meglio usare olii e prodotti idratanti per far riprendere le unghie e lasciarle respirare per qualche giorno e usate sempre prodotti sicuri e di marca, controllati!

Detto questo di fondo è un gioco divertente e le unghie sono belle e lucide quindi come in tutte le cose ok allo smalto permanente, ma messo e tolto… con intelligenza!

La curiosità dov’è andata?


Durante l’infanzia, viene data una grande importanza alla capacità di essere creativi, di inventare delle storie, di imparare cose sempre diverse. I giochi dei bimbi devono essere intelligenti, costruttivi, fantasiosi. Poi non si sa cosa succeda, ma crescendo questi principi vengono sempre meno… Le persone adulte, si vantano spesso nel mondo del lavoro di essere “creative” e abili nelle proprie mansioni, mentre invece si tratta di grandi copiatori, poco originali, ma soprattutto poco curiosi.  Da cosa si capisce questa loro scarsità di curiosità? In primis dalla mancanza di hobby e di interessi. La gente ha sempre meno passioni. Sarà per la mancanza di tempo, sarà per pigrizia, ma di fatto è molto difficile trovare persone che vadano al di là del proprio giardinetto. Unico interesse diffuso, spesso portato a bandiera della propria cultura, è il fatto di aver fatto dei viaggi. Essere dei turisti, però, non basta e anche quello dipende da come viene fatto e con quanto si porti a casa da questi spostamenti. In alternativa alcuni vantano di andare in palestra, correndo magari su un nastro come dei criceti supportati da un personal trainer. Per carità piuttosto che riempirsi di popcorn davanti al pc va bene, ma anche qui c’è sport e sport. Correre all’aria aperta, guardare in giro o seguire una disciplina sportiva è meglio, rispetto a trovarsi soli con le cuffiette davanti al monitor di una cyclette leggendo la posta elettronica. Guardando le pagine Internet di questi no-curiosity-people si vedono solo post che riguardano il loro lavoro, sono assolutamente prestazionalisti, fanno il compitino… Se sono giovani vedi solo foto in compagnia dove fanno brindisi in località amene che però non riesci a vedere in quanto nascoste dai loro faccioni livellati dal “selfie effetto bellezza”. Mai niente di diverso o innovativo, niente di loro o di minimamente intrigante. Soprattutto queste persone non sono divertenti, non sanno ridere e non giocano e questo è molto triste, si nascondono dietro ai loro impegni noiosi per giustificare l’assenza di emozionare. Ormai, in Italia, anche nei colloqui spesso non vengono scelte persone con esperienze diverse che potrebbero accrescere le competenze aziendali, ma dei cloni di individui già esistenti, che non portano alcuna freschezza, in un eterno livellamento, un piattume verso il basso, per dirla con linguaggio di oggi “è tutto molto flat”. Quindi come uscire da questa china verso l’inesorabile tristezza? Prima di tutto il mio consiglio è di godersela un po’ di più in generale, iniziando dalla cucina e assaporando anche sapori diversi. Secondariamente leggere, eh si proprio come ti dicono a scuola, ma non solo le notizie, ma proprio dei libri, poi frequentare delle persone giovani, con le quali fare anche delle attività divertenti o avere uno scambio. Ascoltare la musica! Chi sente più la radio? Avere l’umilità di riconoscere che si impara ogni giorno, a qualsiasi età, praticare uno sport, dedicarsi agli altri. Eh si anche dedicarsi agli altri, avere un confronto, saper ascoltare aiuta ad evolversi, usare i social e i viaggi come mezzi per imparare non solo per mostrare, avere un approccio felicitante alla vita, infantile, non nel senso regressivo, ma nel senso pionieristico. Non avere delle preclusioni, incredibile ci sono ancora persone “contro” ai social, alla televisione, ai giocattoli in plastica, alle medicine e il vero dramma non è che li contestino, posizione del tutto rispettabile, ma che lo facciano aprioristicamente, senza conoscerli. Ricordiamoci la curiosità è la prima leva verso l’apprendimento e se nei primi anni della nostra vista serve per crescere, dopo serve per non invecchiare e non essere anacronistici, ma soprattutto a non essere noiosi e a gioire un po’ più della vita che può offrire anche tante sorprese!

Credi in un sogno!

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E conquisterai il mondo! Forse…

La rete sociale nella quale viviamo sta diventando sempre piu’ complessa, dinamiche diverse, controverse, spesso è più un sopravvivere che non un vivere. Lo scenario non è semplice a nessun livello in quanto sempre più siamo di fronte ad un cambiamento dei valori, una metamorfosi che definirei epocale.

Prima di tutto la nostra cultura per anni è stata influenzata dalla religione, una religione spesso autopunitiva, severa, un Dio da temere, da rispettare e davanti al quale prostrarsi, a cui chiedere perdono per quasi ogni cosa. Ora per esempio la Chiesa Cattolica sta lentamente cambiando il suo approccio e, fatta eccezione di alcuni correnti più conservatrici, sta mostrando un lato più “vicino”, meno cupo, un maggior dialogo. Una religione che ora cerca di parlare a tutti, mostrando benevolenza, comprensione, solidarietà – processo in atto comunque da anni, ma che di fatto maneneva ancora molte rigidità.

La nostra società di fatto è diversa rispetto a pochi anni fa, sono cresciuti il desiderio e la domanda di benessere in tutte le fasce di età e ognuno nel suo piccolo ricerca la felicità o comunque contesti di benessere. Il concetto di sacrificio, di fatica, interessa a pochi e comunque è poco appealing, è vecchio e porta a minimi risultati, mentre quanto è sogno, aspirazione e wellbeing ora diventa vincente. Certamente lo era anche in passato, ma spesso era ritenuto disdicevole il “godersela”! Basta vedere quanto la gente ricerchi “servizi per la persona”, SPA e centri benessere, vacanze, buon cibo per capire cosa effettivamente le persone vogliano…

Il grande motore di questi prossimi anni sarà il sogno ed è proprio questo che spinge le ondate migratorie e che le ha mosse nel passato quando i nostri avi si recavano in altri continenti per cercare fortuna, una vita migliore per sè stessi e per i propri cari. Dunque nulla di nuovo, la storia è ciclica e pertanto si ripete.

Nel mondo del lavoro, tavolta, il concetto di sogno non è ancora passato e quando questo accade i meccanismi diventano a perdere, un’esempio? Basta semplicemente guardare gli annunci di offerte da lavoro: si ricercano persone pronte a immolare la propria vita per quattro soldi, abili a lavorare “in contesti carichi di stress”, “sotto pressione” e udite udite “resilienti” (parolone molto in voga) e “resistenti”! A questo punto sempre per rimanere nelle parole di moda, direi che l’unica valida risposta sarebbe il “ciaone”! Ma chi vuole andare in posto così poco incentivante dove – prima ancora di dirti cosa ti daranno – ti chiedono di essere un operature succube, un po’ maritre e silenzioso? O sei un disperato, o sei masochista o sei pazzo, comunque eviterei di assumere qualsiasi delle tre categorie!

Dare sogni (sognabili), comunicare gioia, emozioni e passione non è da tutti e non è facile,  soprattutto faticano a farlo le persone frustrate e alienate che tendono a riprodurre i meccanismi che a loro volta hanno subito in un loro passato o che non vivono vite affettivamente equilibrate. Il risultato è una grande infelicità, desiderio di fuga, decrescita del business, agressività che produce contro-aggressività e degrado valoriale.

La soluzione a tutto questo pò esserci. Non con un ottuso ottimismo che sarebbe ridicolo, ma cercando per gradi di  portare emozioni positive, rispetto, che si può anche manifestare come riconoscimento reciproco, il “caricarsi” a vicenda, elemento già fondamentale per Hegel nella sua Fenomenologia dello Spirito e come diceva Sartre: “In cambio di esser riconosciuto per quell’uomo che sono, mi dispongo a cedere parte della mia libertà. Sono, in grazia dello sguardo dell’altro”.

Tutto ciò, naturalmente si lega a quello che è, di fondo, anche il nostro inconscio, i nosti desideri, il desiderio dell’altro come direbbe Lacan, ma si aprirebbe un nuovo capitolo complesso… diciamo che banalmente un contesto positivo, con degli obiettivi felicitanti e allegro potrebbe già essere la panacea di molti mali, per imparare a vivere un po’ meglio e non solo “sopravvivere”!